L'Austria torna al voto a sorpresa. Il populismo e il sogno della fortezza alpina
Milano. Come se non bastasse il caos causato dal referendum britannico, ora ci si è messa di nuovo anche l’Austria. Tra una settimana il verde Alexander Van der Bellen avrebbe dovuto dare il cambio al presidente della Repubblica uscente Heinz Fischer, dopo aver vinto per un soffio il ballottaggio che il 22 maggio lo aveva visto opposto al nazionalpopulista Norbert Hofer, esponente del Partito della libertà (Fpö). Ma così non sarà. La Corte costituzionale austriaca ha comunicato che l’esito del ballottaggio è nullo e bisogna tornare alle urne. Gli alti giudici non hanno rilevato brogli, ma un eccessivo numero di infrazioni formali nello spoglio dei voti mandati per posta. In alcune circoscrizioni le buste sono state aperte due ore prima rispetto a quanto prescritto, o addirittura la sera del giorno precedente. Alcuni responsabili dei seggi, hanno detto di averlo fatto per completare lo spoglio in tempo utile. In altre circoscrizioni i commissari elettorali si sono palesati soltanto per firmare i protocolli anziché presenziare durante l’intera fase dello spoglio. Tutte infrazioni che non avrebbero richiesto la ripetizione del ballottaggio se il numero delle schede coinvolte non avesse superato quota 31 mila, cioè lo scarto tra il vincitore Van der Bellen e il suo contendente Hofer. Ma le schede incriminate sono circa 78 mila.
Il presidente della Repubblica uscente Heinz Fischer (foto LaPresse)
La decisione della Corte ha fatto esultare il leader del Fpö Heinz-Christian Strache, fautore del ricorso. Nessuno scommetteva su una sua vittoria, e lo sconcerto dopo l’annuncio della sentenza è stato palpabile. Non da ultimo perché rischia di gettare ancora più discredito sulla classe politica austriaca. Il cancelliere Kern si è affrettato a sottolineare che: “Le elezioni verranno ripetute per vizi formali e non perché vi siano stati tentativi di brogli”. Ma mentre Kern provava a calmare gli animi, nella rete si faceva a gara per la battuta più sarcastica: “Perché non ripetere anche gli Europei?”; “Già che ci siamo potremmo votare anche subito per l’Oxit (versione austriaca della Brexit, ndr), così tolto il dente tolto il dolore?”. Una battuta, quest’ultima, nemmeno tanto assurda, considerando i sentimenti non proprio di simpatia che molti austriaci nutrono nei confronti di Bruxelles, benché perfino Strache abbia detto di essere contrario a un’uscita di Vienna dall’Ue. Forse in Austria non è arrivata ancora a piena maturazione la voglia di una “unsplendid isolation” come ha definito Hannes Androsch – dal 1970 al 1981 ministro delle Finanze sotto il cancelliere socialdemocratico Bruno Kreisky, per un periodo anche vicecancelliere, oggi stimato banchiere – il nuovo status della Gran Bretagna.
Ma questo non toglie, osserva l’ex ministro durante una conversazione con il Foglio, “che ci siano stati tempi in cui eravamo decisamente più aperti verso il mondo. Oggi è in atto una sorta di regressione, provincializzazione. Ha preso piede l’illusione di potersi trincerare dietro a un filo spinato, di poter trovare riparo in un’immaginaria fortezza alpina, che se veramente fosse eretta non farebbe altro che distruggere ricchezza e posti di lavoro”. E’ vero, sono sempre più le persone che temono di perdere lo status acquisito, ma non è correndo dietro ai pifferai magici che si affrontano le sfide della globalizzazione. Alla politica compete(rebbe) colmare il vuoto che si è venuto a creare con visioni future e prospettive. Soprattutto per i giovani, “che però devono ricordare che noi possiamo fornire il cavallo, ma loro devono imparare a cavalcarlo. La mentalità delle polizze kasko è ormai anacronistica”, bisogna imparare a far fronte all’assenza di garanzie senza rifugiarsi nelle soluzioni facili. Intanto l’Austria si prepara a essere sprovvista di un capo di stato. A svolgere le sue funzioni ad interim saranno i due presidenti del Parlamento. Il secondo ballottaggio si svolgerà probabilmente tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre.