Il capo dell'intelligence italiana vola a Damasco per incontrare Assad
Roma. Secondo Gulf News, che è un sito d’informazione degli Emirati arabi uniti, il direttore dei servizi segreti italiani Alberto Manenti lo scorso fine settimana è stato in visita a Damasco per un incontro confidenziale con il presidente Bashar el Assad e con i suoi omologhi siriani. Manenti dall’aprile 2014 è direttore dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), l’intelligence italiana che si occupa delle minacce esterne. La sua missione a Damasco rappresenta la visita del funzionario europeo più alto in grado dal 2011, ovvero da quando l’Unione europea ha chiesto al presidente Assad di lasciare il suo incarico per colpa della repressione brutale contro le proteste popolari che chiedevano riforme.
La visita di Manenti è stata preceduta dalla visita in Italia del generale siriano Mohammed Dib Zaytun, consigliere stretto di Assad e capo del Direttorato generale di sicurezza, uno dei servizi d’intelligence più importanti della Siria. Questa notizia viene da al Watan, giornale vicino all’establishment di Assad (al contrario di Gulf news: ma entrambi sostengono la stessa tesi, quella di incontri ravvicinati fra intelligence italiana e Assad). A Roma Zaytun e il suo vice Ghassan Khalil avrebbero incontrato Manenti, in preparazione della visita a Damasco. Il generale siriano è sulla lista delle persone colpite dalle sanzioni dell’Unione europea e in teoria non potrebbe mettere piede in Italia, ma è stato portato da un jet non di linea decollato da Beirut e a Roma sarebbe stato ospitato in una villa messa a disposizione dall’intelligence. Zaytun fa parte dal 2011 della speciale unità di crisi creata per gestire la controrivoluzione – prima di essere nei fatti spogliata del potere di decidere dai consiglieri iraniani e russi – e proprio nel 2011 ha guidato la repressione nel sangue delle proteste a Homs.
I siriani offrono all’Italia cooperazione nella lotta al terrorismo e sostengono di essere in possesso di dossier informati sui foreign fighter che stanno combattendo in Siria. In cambio chiedono di essere tirati fuori dalla fossa dei pariah internazionali in cui sono finiti dal 2011. Gli italiani, secondo i media di Dubai, chiedono a Damasco di intraprendere riforme in senso democratico e di garantire un processo di transizione. In cambio accennano all’esistenza di una “iniziativa Mogherini” che, guidata dal capo della diplomazia europea Federica Mogherini, potrebbe portare all’annullamento delle sanzioni contro Damasco e alla riapertura delle relazioni con il mondo occidentale.
Manenti, se le informazioni sono corrette, era a Damasco nelle ore successive alla strage di italiani a Dacca, in Bangladesh. Il governo italiano è pronto a esplorare ogni soluzione per ridurre il rischio di attentati sul suolo nazionale e vuole conservare lo status di inviolabilità agli attacchi terroristici dello Stato islamico e di al Qaida di cui altri paesi non godono più, come Francia, Belgio, Gran Bretagna e Spagna. Ma è lecito supporre che questa fosse una visita frutto di un lungo lavoro di approccio. Il capo dell’intelligence italiana era a Beirut nel settembre 2015 ed è probabile che agisca come “negoziatore autorizzato” all’interno di uno schema più vasto che coinvolge più governi. In questo schema, Roma sarebbe diventata il luogo deputato a ospitare questi tentativi molto confidenziali di dialogo con la Siria di Assad.
Se l’Italia contava su un minimo di riservatezza, era destinata a restare delusa. Il governo siriano è pronto a salutare ogni accenno di apertura da parte dell’occidente come una vittoria. Nel fine settimana il presidente Assad ha parlato in un’intervista con la tv australiana della doppia moralità dei paesi occidentali che lo trattano come un criminale e poi mandano delegazioni a Damasco. L’altro direttore dei servizi siriani, Ali Mamluk, è stato di recente a Berlino grazie a un altro viaggio segreto anti sanzioni. Il via vai potrebbe fare parte di un cambio di scena generale che include telefonate tra Ankara e Mosca e tra Mosca e Washington.