Il confine fra l'odio e la guerra civile
New York. Micah Xavier Johnson, 25 anni, texano di Mesquite, era “arrabbiato con i bianchi” per gli omicidi di questa settimana a Baton Rouge e Minneapolis, e voleva ucciderne il più possibile, “specialmente agenti bianchi”. Così, nella notte di Dallas, a lato di una marcia di “Black Lives Matters” iniziata con i manifestanti che si fanno selfie sorridenti assieme ai poliziotti – materiale distensivo per i social network – ha preso a scaricare sugli uomini in divisa colpi di fucile, finché non è stato circondato in un parcheggio e portato a ingaggiare un lucido ma inutile negoziato con le autorità. Ha detto che ha “agito da solo”, non era affiliato a un gruppo organizzato, ha parlato di bombe piazzate ovunque nell’edificio e in altri punti della città texana. La polizia ha usato un robot carico di esplosivo per stanarlo, e Johnson è morto a causa della detonazione.
Era un ex riservista dell’esercito, Johnson, con un turno alle spalle in Afghanistan fra il 2013 e il 2014, dunque era addestrato a usare le armi, se necessario per uccidere, e la volontà di farlo l’altra notte era al di sopra di ogni sospetto. Dodici poliziotti sono stati colpiti, cinque sono morti. Le parole di Johnson durante lo “standoff” sono state subito riferite dal capo della polizia di Dallas, David Brown, anche per dare un segnale attorno alla natura dell’attacco, perché c’è una certa differenza fra un’imboscata in stile militare di un commando armato con un’agenda terroristica e l’azione, pure orribile, di attori solitari o semi indipendenti. E’ la differenza fra una “guerra civile”, come ha titolato a caldo il tabloid conservatore New York Post, e una violenta catena di vendette che trova le sue cause remote nell’irrisolta questione razziale americana. Altri tre sospetti sono stati catturati dalla polizia, ma non sono ancora chiari i rapporti fra gli arrestati né la distribuzione delle responsabilità.
L’account Facebook di Johnson mostra i simboli classici della militanza nera: il pugno alzato, la bandiera della liberazione panafricana, diversi like a esponenti della Nation of Islam e alle Nuove Pantere Nere. Un’affiliazione per il momento troppo debole per qualificare un incensurato 25enne come l’ingranaggio di un meccanismo più grande che decide e orchestra azioni di guerriglia. Un’oscura organizzazione chiamata Black Power Political Organization sui social network ha pubblicato messaggi minacciosi, promettendo che “molti altri poliziotti saranno uccisi”, ma più che una rivendicazione appare come benzina retorica per alimentare l’incendio. Fra i molti segnali di distensione, a partire dalla famiglia di Alton Sterling, il ragazzo ucciso in Louisiana (“reagire alla violenza con la violenza non è la risposta”), fino al cantante e attivista John Legend, (“essere contro i poliziotti che uccidono non significa essere a favore dell’uccisione dei poliziotti”), si sono distinti minacciosi inviti ad allargare il raggio della violenza, a provocare un salto di qualità nello scontro. L’attivista Jesse Jackson ha fatto di ogni discriminazione un fascio: “E’ un sentimento contro i neri, antisemita, antimusulmano, contro gli immigrati e le donne”, e l’inevitabile colpevole non può essere che Donald Trump: “Le minacce di rimpatriare 15 milioni di immigrati e costruire un muro al confine… Noi neri siamo stati usati come capri espiatori per paure economiche e culturali sempre più profonde”. In modo analogo, un alleato del candidato repubblicano, Corey Stewart, ha scritto che Hillary e i politici liberal “hanno incoraggiato gli omicidi di questi poliziotti”, un tweet che è stato cancellato, ma non abbastanza in fretta. Trump si è dissociato da Stewart e sulla circostanza è uscito con il meno trumpiano dei comunicati: un invito alla pacificazione che parla di “law and order” ma commemora anche i morti afroamericani per mano dei poliziotti bianchi: “Le tensioni razziali sono peggiorate, non migliorate. Questo non è il sogno americano che vogliamo per i nostri figli”. Newt Gingrich, il suo più stretto alleato, si è spinto anche oltre: “Essere neri in America è più pericoloso”.