Manuale di riposizionamento per conquistare la nuova premier inglese, “Ice Queen” Theresa May
La lotta nel fango delle candidate premier dei Tory inglesi è finita in fretta, per fortuna, visto che in pochi giorni le due – Theresa May e Andrea Leadsom – avevano fornito una rappresentazione penosa delle donne al potere. La Leadsom, che è considerata donna in carriera molto determinata e spietata, ha detto in un’intervista di essere più adatta al ruolo di premier-madre-della-patria essendo madre nella vita, cosa che May non è (ci ha provato, la May, i figli non sono venuti, se n’è fatta una ragione con qualche sofferenza, s’è comprata molte scarpe, s’è data alla cucina, si è dedicata al marito che le aveva presentato Benazir Bhutto, è diventata ministro del Regno inglese, ha scoperto di avere il diabete, ha imparato a farsi l’insulina senza troppi drammi). Appena si è accorta del disastro, la Leadsom ha ritrattato, se l’è presa con la giornalista che l’aveva intervistata – la quale aveva le registrazioni e l’ha presto messa a tacere –, ha inviato un messaggino alla May per scusarsi e infine lunedì si è ritirata dalla corsa e ha dato il suo appoggio alla non madre May, che tutto d’un colpo è diventata talmente adatta a fare da madre al Regno Unito che lo farà davvero, visto che non ci sono più candidati a sfidarla.
Il ministro dell'Interno britannico Theresa May, poco prima che la sua sfidante Leadsome si ritirasse, ha escluso un secondo referendum: "Brexit significa Brexit", ha confermato.
Mentre si attende che le formalità siano eseguite – ci vuole la Regina per queste faccende, e in questo momento è nella residenza estiva di Sandringham, non torna fino a domani e così la May diventerà premier domani sera – all’interno del Partito conservatore è tutto un riposizionarsi. Tanto per cominciare, a due settimane e poco più dall’esito del referendum sulla Brexit, non c’è più un leader formalmente a favore della Brexit: non ci sono Boris Johnson e Michael Gove, volti di Vote Leave, non c’è più Nigel Farage (che aveva dato il suo appoggio alla Leadsom), non c’è più la Leadsom – c’è sempre Jeremy Corbyn, inamovibile, ma ormai la sua leadership ha ragioni che la ragione non conosce. Theresa May, soprannominata “Ice Queen”, si era schierata con il governo di David Cameron restando in disparte: leale al suo capo, aveva però intuito che nello scontro tra maschi ambiziosi lei, che è altrettanto ambiziosa ma ha la grazia di non farlo vedere, avrebbe potuto giocare il ruolo della pacificatrice tendenza Brexit. Non è un caso che il capo della sua campagna per la premiership – che ora non ci sarà più, valgono soltanto i voti dei parlamentari – sia Chris Grayling, uno degli animatori della campagna a favore della Brexit che ora potrebbe entrare nel governo con un ruolo rilevante. Forse quello di George Osborne? L’attuale cancelliere dello Scacchiere si augura di no, lunedì ha fatto un elogio immediato e sperticato alla May, e da giorni tenta di tenersi il posto con un’impudenza ammirevole: fatto fuori il suo nemico di sempre Boris Johnson con cui si contendeva ambizioni di successione ormai svanite, Osborne spera di accompagnare la May verso la Brexit e se mai ci dovessero essere elezioni anticipate magari nel frattempo di azzopparla.
I regolamenti di conti non sono finiti, ma per ora una donna premier pare la cosa migliore che potesse accadere a un paese che si sente di dover dimostrare di essere grande abbastanza da camminare senza l’Europa: poco mondana, disdegna i social media, è seria fino alla noia, ha buoni rapporti con i colleghi dell’Ue, la May pare affidabile a sufficienza per dare l’impressione che a Londra la pace possa tornare davvero. E la Brexit? May dice che ci sarà, non contate sui ripensamenti, ma per attivare l’articolo 50 vuole aspettare la fine dell’anno. Gli europei, che hanno già una donna al potere piuttosto ingombrante, già scalpitano rissosi, chissà per andare dove.