Christian Estrosi (foto LaPresse)

La radicalizzazione di Nizza, malgrado Estrosi

Giulia Pompili
Il vicesindaco di Nizza, accusato per l’ennesima volta di islamofobia, è il vero volto politico di questi giorni: quello di chi ha condotto per un decennio una guerra contro il politicamente corretto legato all’estremismo islamico.

Roma. Un mese fa, nel pieno degli Europei di calcio, il vicesindaco di Nizza nonché presidente della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Christian Estrosi, è stato accusato per l’ennesima volta di islamofobia. All’interno della fan zone di Nizza, infatti, le forze dell’ordine avevano controllato l’identità di un uomo che era intento nella preghiera del venerdì – che è vietata in determinate aree pubbliche. La persona in questione era stata assunta come addetto alla sicurezza di uno stand dentro della fan zone, ma dopo l’identificazione, secondo Estrosi, si era scoperto che era legato a un gruppo d’islam radicale. Il vicesindaco era partito di nuovo alla carica (“perché questa persona è stata autorizzata a lavorare in questo spazio, anche se i servizi di sicurezza statali hanno fatto controlli su tutti gli accreditati?”), anche sui social network, domandando ai cittadini di firmare la petizione online per “fermare il lassismo di stato e contrastare la radicalizzazione”.

 

Estrosi – fedelissimo dell’ex presidente Nicolas Sarkozy con il quale ha avuto l’incarico di ministro dell’Industria tra il 2009 e il 2010 – era sindaco di Nizza fino al 13 giugno scorso. Ricopriva quel ruolo da otto anni, e il mese scorso aveva dovuto lasciare per cumulo di mandati. Eppure è suo il volto politico di questi giorni – non quello del suo successore Philippe Pradal – e sue sono le prime parole dopo l’attentato di giovedì sera. Estrosi è noto per aver condotto per un decennio una guerra contro il politicamente corretto legato all’estremismo islamico – anche se i suoi detrattori, per esempio Philippe Vardon-Raybaud del gruppo identitario locale Nissa Rebela, lo accusano di avere un particolare legame con l’Uoif, associazione legata ai Fratelli mussulmani. Estrosi, figlio di immigrati italiani, nato a Nizza nel 1955 ed ex atleta del Motomondiale, dal 2012 si oppone alla creazione della moschea En-Nour, nel quadrante ovest di Nizza. “Fin quando sarò sindaco, il centro culturale musulmano En-Nour non aprirà”, diceva nel 2013, criticando il progetto monstre da realizzarsi all’interno di un edificio di proprietà del ministro saudita per gli Affari islamici, il wahabita Saleh bin Abdul-Aziz Al ash-Sheikh, e chiedendo al ministero dell’Interno francese di approfondire la questione dei finanziamenti dell’Arabia Saudita per la costruzione del centro.

 

Sempre il mese scorso, il tribunale amministrativo di Nizza aveva dato il via libera all’apertura della moschea, la cui opera di costruzione “è stata condotta nel rispetto della legge e il lavoro non presenta irregolarità”, si legge nel comunicato della prefettura. Ma la polemica sull’apertura dell’En-Nour – inaugurata l’8 luglio scorso nonostante il parere contrario del primo cittadino – poi trasformata in una battaglia legale, ha comunque determinato la politica di Nizza degli ultimi dieci anni. E pure la tensione sociale: l’8 giugno scorso il cadavere di un cinghiale è stato fatto trovare fuori all’ingresso dell’En-Nour. Oggi la comunità musulmana a Nizza conta 65 mila persone, un abitante su dieci quindi. Ma la realtà sotto gli occhi di tutti è che la città di Nizza, nel corso degli ultimi dieci anni, ha cambiato volto. Da rifugio sicuro per i figli della diaspora iraniana e per i richiedenti asilo dal Libano (due comunità numerose nell’area cittadina di Nizza) si è trasformata in un “focolaio del jihadismo”, come ha detto ieri il direttore del Centro internazionale per gli studi sulla radicalizzazione e la violenza politica del King’s College di Londra, Peter Neumann. Su 1.400 francesi o residenti in Francia radicalizzati, il 10 per cento viene dalla regione delle Alpi Marittime. La Nizza di oggi, più che culla della Belle Epoque o mito della Costa azzurra degli anni Cinquanta e Sessanta, somiglia a Marsiglia.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.