Appunti per vincere lo scontro di civiltà
“Non sono sorpreso. L’attentato di Nizza non sarà l’ultimo, molti altri seguiranno, perché è così che funziona una guerra. E l’occidente, purtroppo, questa guerra la sta perdendo”. Michael Ledeen non s’affanna nella ricostruzione dei dettagli, delle circostanze specifiche e delle cause prossime che hanno portato Mohamed Lahouaiej Bouhlel a mettersi alla guida del camion che ha distribuito morte sul lungomare della città francese. Sono i contorni più vasti di questo conflitto epocale ad attirare il suo occhio di storico e di osservatore dei fatti in prospettiva: “Chi dice che questa serie di azioni terroristiche in Francia è soltanto una risposta al coinvolgimento militare francese in medio oriente e Africa riduce il calibro del problema: è una guerra, va trattata come tale. Perfino Hillary Clinton l’ha definita così, anche se poi dice che va combattuta solo con l’intelligence”, dice Ledeen al Foglio. Alcuni giorni fa è uscito in America un libro che Ledeen ha scritto a quattro mani con il generale Michael Flynn, un ex direttore dell’intelligence militare che ha la fama di essere il più ascoltato da Donald Trump fra gli uomini in divisa. Dopo il massacro sotto i fuochi d’artificio del 14 luglio, Flynn ha detto che “dobbiamo combattere questa ideologia malvagia” e ha parlato di un “cancro che ha dato metastasi all’interno dell’islam”.
“Field of Fight: How Can we Win the Global War Against Radical Islam and its Allies” sostiene una tesi elementare: siamo in guerra e stiamo perdendo. Il problema è la deifnizione del nemico: con chi, esattamente, siamo in guerra? Contro un’esplosiva alleanza fra islam radicale e dittature secolarizzate: “Il radicalismo islamico ha trovato sponde in regimi che non sono religiosi, ma hanno interessi convergenti, penso alla Russia o alla Corea del nord. Il collante di questa alleanza è un antiamericanismo atavico, ma più in generale è un profondo disprezzo per l’ordinamento democratico e liberale che è il segno della modernità. Questa epoca è segnata dall’emergere di forme non democratiche che competono con le democrazie, e ora questi avversari avversari dell’occidente credono di vincere, di poter dominare il mondo. Alcuni pensano di avere il favore divino, altri soltanto quello del potere, ma questo non impedisce loro di allearsi”.
Ledeen rifiuta l’idea che i terroristi islamici ragionino in una logica di vendette nazionaliste per i bombardamenti sul campo (“anche gli Stati Uniti hanno subito attacchi, è più di un meccanismo di azione-reazione”) così come rifiuta l’idea, diffusa fra alcuni osservatori, che questa serie di stragi in occidente sia uno spaventoso segno di disperazione e debolezza di un nemico che perde terreno sul campo di battaglia: “Non è così. Lo Stato islamico sta perdendo alcuni territori, è vero, ma non sta perdendo la capacità di reclutare, di far presa su giovani in tutto il mondo, la sua ideologia di morte è ancora vitale, per dir così”. Leeden e Flynn sostengono la necessità di un’azione militare su larga scala, con “boots on the ground” e operazioni che vadano oltre l’orizzonte immediato su cui Barack Obama ha deciso di assestarsi.
Ma questa strategia dev’essere informata e sostenuta da una “guerra ideologica” che l’occidente sta rifiutando di combattere: “La cultura islamica è fallita, sono una civiltà fallita e loro lo sanno, ma cercano in qualche modo di tenere insieme i pezzi e aggredire i nemici. Noi non riusciamo nemmeno a dire ‘islam radicale’, il nostro presidente rifiuta di usare le parole che corrispondono alla verità, figurarsi se ha il coraggio di affrontare la sostanza del problema”. Trump sarà in grado di affrontare questa guerra? “Non so la risposta a questa domanda, ma so che se diventerà presidente ascolterà i consigli di Flynn. E questo è un buon inizio per combattere la guerra”.