Nello scontro tra ideologia e buonismo vince la prima. Voci dalla Francia
Parigi. “Sono costernato e arrabbiato perché tutto ciò che sta succedendo è annunciato da troppo tempo. Nonostante gli allarmi e gli attentati terroristici che hanno insanguinato la Francia nel 2015, si finge ancora di essere sopresi dalla potenza dell’islam radicale, che non è solamente lo Stato islamico in Siria e in Iraq, ma è un’ideologia totalitaria che si è insediata nelle periferie di molte città europee e spesso nelle città stesse”. Ivan Rioufol, editorialista del Figaro e mosca bianca del dibattitto intelletuale francese, non nasconde la sua rabbia per l’ennesimo attacco terroristico che ha messo in ginocchio la sua Francia, “perché il canovaccio era già tutto scritto”, dice al Foglio. Per le edizioni Pierre-Guillaume de Roux, Rioufol ha appena pubblicato un saggio, “La guerre civile qui vient”, che anticipa con impressionante lucidità quanto sta accadendo in Francia. “C’è una responsabilità politica per quanto sta accadendo. Paghiamo le conseguenze di cinquant’anni di buonismo, che hanno fatto passare l’idea che l’Altro è sempre e comunque una risorsa, che l’islam è una religione di pace, che l’immigrazione è una fortuna per la Francia”, spiega il giornalista del Figaro. “In troppi continuano a chiudere gli occhi, a non voler vedere che le banlieue sono diventate delle polveriere, a non voler constatare a che punto nelle cité si è venuta a creare una controsocietà che in maggioranza odia l’occidente, la democrazia, la società liberale. Non si vuole vedere né affrontare questo nuovo comunitarismo perché sia la sinistra sia la destra francese hanno favorito questo stesso comunitarismo islamico”. Anche Patrick Calvar, capo della Dgsi, i servizi segreti interni, ha evocato poche settimane fa il rischio di una guerra civile in Francia, “ma sbaglia”, sottolinea Rioufol, “quando afferma che è l’ultradestra a far correre un rischio di guerra civile. Quando dice così, cade nell’ideologia. Diffido da tutte quelle persone che cercano di farci guardare verso una direzione, per distogliere l’attenzione dai veri problemi, tra i quali la connivenza tra l’estrema sinistra e l’islam radicale. L’islamogoscismo, che in Francia è divenuto una vera forza politica, è il grande scandalo. Il fatto cioè che l’islam radicale ha non solo il sostegno della parte passiva della comunità musulmana, ma anche di una parte dell’estrema sinistra ultraviolenta che condivide con l’islam radicale il rifiuto del capitalismo e delle società occidentali”.
Per Elisabeth Lévy, direttrice del magazine Causeur, “c’è un senso di fatalismo diffuso”. “I francesi dovranno purtroppo imparare a convivere con questa situazione di paura e minaccia terroristica”, dice al Foglio. Sulle soluzioni, “la prima cosa da fare, oltre a un rafforzamento in termini di sicurezza, è rendere la vita impossibile a quelli che reclutano e indottrinano i nostri giovani”, dice Lévy. “Il vero problema è culturale: c’è una minoranza estremista che tiene in ostaggio una maggioranza, e questa minoranza va fermata a tutti i costi. Bisogna iniziare a isolarli socialmente, affinché non influenzino i nostri giovani. Come ha detto Thibault de Montbrial, presidente del Centre de réflexion sur la sécurite interieure, nell’ultimo numero di Causer, bisogna creare delle prigioni riservate ai terroristi islamici, setacciare in lungo e in largo i quartieri dove l’indottrinamento jihadista prospera e ripulirli dalla racaille islamista che corrompe la gioventù”. E ancora: “Bisogna riprendere il controllo al più presto, perché l’islam radicale si sta espandendo nelle banlieue. La battaglia va vinta anzitutto sul piano delle idee, perché questa alla quale stiamo assistendo è una guerra sulla sicurezza, ma anche culturale, contro l’ideologia islamista”.
Per Jean Birnbaum, esponente di spicco della gauche intellettuale e direttore dell’inserto letterario del Monde, “dal punto di vista geopolitico e militare si può dire che è una risposta all’intervento della Francia in Siria e in Iraq contro lo Stato islamico, ma dal punto simbolico e culturale c’è molto di più in questo attacco. C’è lo scontro tra due vocazioni universalistiche”, dice al Foglio. “Da una parte la Francia che è sempre stata vista, in ragione del 14 luglio e della Rivoluzione francese, come la nazione che illumina il mondo, esportatrice di valori e libertà oltre le proprie frontiere, dall’altra lo Stato islamico anch’egli con una pretesa universalistica, tramite la religione. E’ uno choc di universalismi, dove lo Stato islamico vede la Francia come un universalismo rivale”.