Controlli rafforzati della polizia nei dintorni di Nizza (foto LaPresse)

Gli attacchi sventati non sono abbastanza

Jean-Pierre Darnis
L’attentato di Nizza ha colpito una Francia che poteva sembrare relativamente pacificata, dopo il successo degli Europei di calcio dal punto di vista della sicurezza e con una nazionale francese che era tornata a dare un bel senso di integrazione.

Roma. L’attentato di Nizza ha colpito una Francia che poteva sembrare relativamente pacificata, dopo il successo degli Europei di calcio dal punto di vista della sicurezza e con una nazionale francese che era tornata a dare un bel senso di integrazione. Però, già da parecchio tempo, esperti e addetti ai lavori insistevano sulla possibilità di ulteriori attacchi terroristici contro obiettivi francesi. Secondo il rapporto del deputato Sébastien Pietrasanta, nell’ultimo anno, le forze di sicurezza francesi hanno sventato una decina di attentati, il che dà l’idea di un livello di pericolo molto alto, ma anche di una certa efficienza da parte dell’antiterrorismo francese. Dopo gli attentati contro Charlie Hebdo, ma soprattutto dopo il 13 novembre 2015, sono state adottate diverse misure per contrastare il terrorismo, per esempio la possibilità di eseguire intercettazioni più accurate e aumentare il numero delle forze di sicurezza mobilitate. Si sta anche mettendo mano a una serie di programmi per la lotta alla radicalizzazione, ma si tratta di politiche individuali e sociali che richiedono un lavoro lungo e profondo che non ha ancora prodotto molti risultati.

 

In termini di riorganizzazione dell’antiterrorismo, si stanno cominciando a colmare alcune lacune, per esempio il problema che aveva rappresentato lo scioglimento della vecchia polizia politica, i “renseignements généraux”, deciso da Nicolas Sarkozy. Altre problematiche, però, non sono di facile soluzione. L’esercito è già molto presente nelle strade e la capacità di mobilitare i riservisti sono state notevolmente cresciute, anche per compensare l’usura degli uomini che devono fronteggiare missioni diverse, dal Sahara ai contesti urbani francesi. Il che, tra l’altro, rivela un altro problema: l’opinione pubblica chiede di essere rassicurata attraverso misure simboliche forti (il piano Sentinelle con i soldati per strada) mentre la lotta contro i terroristi somiglia di più a un intenso ma discreto lavoro di inchiesta. Vi è quindi una discrepanza tra i mezzi militari dispiegati sul territorio e l’intensificazione del lavoro di polizia, con l’idea che le misure, anche le più efficaci, non sono certo visibili (e apprezzabili) dal grande pubblico. Dopo un attentato come quello di Nizza – ultimo episodio di una serie che si annuncia lunga, per la complessità di un contrasto che deve prendere in considerazioni parametri complessi – è ovvio che molti si chiedano se si possa fare di più per evitare il ripetersi di questi atti barbari. La politica deve dimostrare la disponibilità a rispondere, e un piccolo passo avanti è stato fatto nell’intervento del presidente François Hollande, che ha annunciato ieri un piano di mobilitazione ulteriore.

 

La posta in gioco, però, è quella del proseguimento delle vittorie discrete ma efficaci, quelle che accrescono ulteriormente la percentuale di attentati sventati rispetto a quelli che riescono a bucare la rete. La Francia ha preso in considerazione alcuni modelli, da quello israeliano a quello britannico, per esempio, per cercare di arginare la minaccia jihadista. Bisogna anche avere la pazienza e la solidità per reggere la pressione contro un enorme serbatoio di radicalizzazione violenta, talmente ampio che è difficile pensare di poter vincere in assoluto. E poi proseguire il lavoro ideologico e operazionale per contrastare il terrorismo di matrice islamica, in Francia, in Europa, ma anche nel mondo.

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