Donald Trump e Mike Pence alla convention (foto LaPresse)

Nella convention parallela

Ai margini della cerimonia, ecco lo show dei guardiani del trumpismo. Fuori ci sono i veri opinion maker, i traduttori popolari del trumpismo e della sua essenza viscerale, mentre la formazione ufficiale che sale sul palco dell’arena è un misto di rappresentanti imbarazzati dell’establishment, politici minori o fuori stagione.

Cleveland, dal nostro inviato. Fuori dal perimetro militarizzato della Quicken Loans Arena di Cleveland non ci sono soltanto manifestanti e gente con il fucile a tracolla, c’è una convention parallela. Gli eventi di spettacolo e avanspettacolo ai margini della cerimonia ufficiale sono il contorno normale di qualunque congresso di partito, ma nel caso del Gop che ha incoronato l’irrituale Donald Trump, fuori ci sono i veri opinion maker, i traduttori popolari del trumpismo e della sua essenza viscerale, mentre la formazione ufficiale che sale sul palco dell’arena è un misto di rappresentanti imbarazzati dell’establishment, politici minori o fuori stagione, sconosciuti cortigiani di Trump e naturalmente i rappresentanti della famiglia, che sono anche più numerosi di quelli che John Fitzgerald Kennedy ha portato alla convention del 1960.

 

Alla festa organizzata dai “Gay for Trump” il giornalista-provocatore Milo Yiannopoulos ha tessuto le lodi del “candidato più omosessuale della storia” e si è alleato con Pamela Geller, critica in chief dell’islam militante perennemente bersagliata da fatwe religiose e secolarizzate. Ospite speciale della serata: Geert Wilders. Yiannopolous aveva invitato a unirsi anche il candidato vicepresidente, Mike Pence, conservatore sociale contrario ai matrimoni gay e alle unioni civili. In questi giorni il britannico ossigenato Milo s’aggira per gli eventi più affollati di Cleveland in compagnia di Ann Coulter, una delle valchirie del trumpismo, e condivide il palco con personaggi del calibro di Alex Jones, il re dei teorici del complotto che abitano il sottosuolo radiofonico e televisivo. Jones ha iniziato la sua convention trollando all’aeroporto di Cleveland, Karl Rove, “alfiere dell’ideologia globalista” e simbolo del Partito repubblicano di Reagan e Bush che Trump vuole sradicare. Il momento più teso delle manifestazioni è stato quando “un gruppo di comunisti” – così si sono definiti – ha aggredito Jones, che certo non era andato in mezzo alla folla per tenere un seminario sull’ecumenismo intra-repubblicano.

 


Milo Yiannopoulos


 

Immancabile, in questo contesto, Roger Stone, il leggendario “dirty trickster” di Nixon che ancora sussurra nell’orecchio del vecchio amico Trump. Formalmente è stato ripudiato dalla campagna elettorale, ma tutti conoscono il suo potere: non è un caso che Paul Manafort, che questa convention ha consacrato come il gran burattinaio del trumpismo, sia un suo vecchio socio d’affari. Stone ha iniziato la sua convention parallela raccontando a una platea fatta soprattutto di biker di quella volta che i Clinton hanno fatto uccidere uno staffer e hanno spacciato il caso per un suicidio, e la finisce aggredendo il nemico Corey Lewandowski, che sta cercando di farla pagare a quelli che lo hanno fatto fuori dalla macchina elettorale. Non sono personaggi che stanno a bordo campo, ma attivi partecipanti della campagna che godono di uno status ambiguo, perfetto per agire liberamente fori dallo schema del partito  Trump è uno specialista nel confondere l’ufficiale e l’ufficioso. Capita poi che qualcuno venga promosso dalla convention parallela a quella reale: ieri sul palco di Cleveland è salita Michelle Van Etten, una naturopata-imprenditrice che vende pillole per ringiovanire a tutti quelli che temono di essere avvelenati dal governo.