Le piazze pro Erdogan in Europa
Milano. “Allahu akbar” gridavano, sventolando la bandiera con la mezzaluna, centinaia di turchi a Vienna, sabato e domenica scorsi, durante le manifestazioni organizzate a favore del presidente Recep Tayyip Erdogan. Su un post di un utente Facebook che si firma “il turco ideale” si leggeva invece: “Per denunciare una persona in Austria ci si rivolge alla polizia, ma se si tratta di una delazione allora si possono direttamente contattare le istituzioni in Turchia. Il talk show con Hasada Özkilinç dell’Unione dei democratici europei turchi in Austria (Uetd) è stato illuminante. Grazie mille”. Il “turco ideale” voleva sapere a chi ci si doveva rivolgere per segnalare un oppositore di Erdogan residente in Austria. Mercoledì, il telegiornale della televisione pubblica tedesca dava a sua volta la notizia una hotline appena creata alla quale i turchi in Germania possono rivolgersi per segnalare oppositori del presidente. Testata in diretta da una giornalista la hotline esiste davvero: a domanda se si poteva segnalare un oppositore di Erdogan in Germania, la risposta di una addetta al ministero dell’Interno è stata “sì”.
L’ondata di solidarietà da parte dei turchi residenti all’estero già venerdì sera – quando il golpe era in corso, quando Erdogan ha chiesto ai suoi sostenitori di andare per le strade e denunciare il colpo di stato e mostrare la loro solidarietà al governo – davanti alle ambasciate di Vienna, Berlino e l’Aia preoccupa i governi e naturalmente l’Europa intera che si convince di non avere alternative a Erdogan ma si trova ogni giorno in un imbarazzo ulteriore: dopo aver sospeso, rimosso e arrestato migliaia di persone nell’esercito, nella magistratura, nelle scuole e nelle università, ieri la Turchia ha fatto sapere di voler temporaneamente derogare alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo – almeno finché è in vigore lo stato d’emergenza. Per di più la solidarietà a Erdogan nelle piazze europee non è sempre pacifica. A Berlino, gli scontri tra curdi e turchi sono da sempre un problema, ma il fatto che ora ci possa essere anche la caccia ai simpatizzanti del predicatore Fethullah Gülen – l’acerrimo nemico del presidente riparato negli Stati Uniti e indicato da Erdogan come il mandante del golpe fallito – rende la situazione ancora più pericolosa, denuncia il sindacato della polizia federale tedesca.
Anche la politica si mostra preoccupata dell’emancipazione politica dei turchi che vivono in Germania. E non solo per le reazioni in seguito al putsch fallito. Anche la recente risoluzione approvata dal Bundestag, nella quale si definisce il massacro del 1915 degli armeni per mano turca “genocidio” ha dato vita in Germania a grandi manifestazioni di protesta. Un assaggio di quel che potrebbe accadere prossimamente si è già visto in Germania nei giorni scorsi. Vetrine di negozi appartenenti a curdi o a oppositori di Erdogan andate in frantumi; battage sui social media contro gli esercizi dei “traditori” oppure, al contrario, come mostrano le foto pubblicate dal tabloid Bild-Zeitung: cartelli affissi sui negozi turchi che intimano ai simpatizzanti di Gülen e ai “traditori” di non mettervi piede. Infine, a Gelsenkirchen nel Nordrhein-Westfalen, ma così è avvenuto anche in alcune città d’Olanda, sono stati presi a sassate caffè e sedi di seguaci (o supposti tali) di Gülen.
“Un certo disagio”
Le forze di polizia intervengono quando ci sono aggressioni a persone o danni, la politica invece si dibatte ancora nella ricerca di una risposta appropriata senza che questa pregiudichi i rapporti con Ankara. Il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz ha fatto chiamare l’ambasciatore turco a Vienna; la cancelliera tedesca Angela Merkel insiste sul rispetto delle regole democratiche; Martin Schulz fa sapere che la pena di morte è incompatibile con un eventuale futuro status di membro dell’Ue, ma nessuno pare voler ricorrere a contromisure radicali per quel che sta avvenendo in Turchia: Eppure il fatto che nel cuore dell’Europa, su una piazza non qualunque, ma il Heldenplatz, quasi duemila turchi abbiano scandito ripetutamente “Allah è grande” dovrebbe far riflettere. Il cancelliere socialdemocratico Christian Kern alla radio austriaca ha detto: “Non si può non provare un certo disagio quando motivazioni politiche si mischiano a motivazioni religiose” sottolineando poi che commistioni simili non appartengono in alcun modo alla cultura politica del paese.
La Corte costituzionale austriaca sta esaminando un esposto che denuncia le manifestazioni turche a Vienna di sabato e domenica, perché non autorizzate ufficialmente. Ma parole e ricorso alla Corte danno l’idea di voler mettere una toppa piuttosto che rispondere adeguatamente a quello che la reazione dei turchi ha messo in luce. E cioè, per usare le parole del ministro dell’Interno austriaco Wolfgang Sobotka: “Sfruttare la libertà di manifestare per importare surrettiziamente un modo di vedere turco in Austria”.