Ansbach, Kamikaze si fa esplodere vicino ad un concerto (foto LaPresse)

Crollano gli alibi pacifisti: il terrore islamico colpisce anche la Germania

Giulio Meotti
Una strage sfiorata. Un kamikaze fedele all’Isis si fa esplodere a due passi da un concerto. Provoca 15 feriti e fa scoprire ai tedeschi che la neutralità non basta per fermare “il più grave assalto alla democrazia dai tempi dei Baader Meinhof”. Parla Henryk Broder.
Roma. “E’ pazzesca la miopia di questo grande ricco paese. Noi tedeschi avevamo creato un paradiso di pace e benessere. Ma non ci eravamo accorti che il paradiso era perduto”. Fra i più influenti commentatori in Germania, intellettuale ebreo firma di punta del gruppo Springer, Henryk Broder non è affatto sorpreso dai quattro attentati che in una settimana hanno causato morti e feriti sui treni, nei centri commerciali, nelle strade e nei bar. Mohammed Delel, il kamikaze, profugo siriano, che si è fatto esplodere in un ristorante ad Ansbach, provocando quindici feriti, a due passi da un concerto con 2.500 persone, è il primo ad aver giurato fedeltà al Califfato. “In un video l’uomo minaccia in arabo un nuovo attentato in Germania nel nome dell’Isis”, ha detto il ministro dell’Interno della Baviera, Joachim Herrmann. “Mi domando perché non ci siano stati prima attentati”, dice Broder. Dalla Seconda guerra mondiale, la Germania si è votata a un rigido pacifismo. Prima ci fu l’opposizione alla guerra in Iraq, quando Gerard Schroeder con Dominique de Villepin mise il veto della “vecchia Europa” all’intervento americano. Nei giorni scorsi parlamentare tedeschi, come la verde Renate Künast, hanno persino criticato la polizia per aver ucciso il terrorista che con un’ascia ha seminato morti in un treno a Würzburg. “L’aggressore non poteva essere fermato senza ucciderlo????”, ha chiesto Künast, con quattro punti interrogativi.

 

“E’ la dolce vita delle democrazie che gli islamisti vogliono”, dice al Foglio Broder, ex Spiegel oggi editorialista della Welt. “I tedeschi avevano voluto dimostrare che erano di nuovo buoni espiando il senso di colpa per il nazismo con l’accoglienza di milioni di stranieri. Distinguono tra islam ‘religione di pace’ e islamismo, come se non avessero nulla a che fare con l’altro, come se tra alcool e alcolismo non ci fosse collegamento. E lo Stato Islamico diventa il ‘cosiddetto Stato Islamico’, come una volta la ‘cosiddetta DDR’. Siamo ancora il paese del pacifismo di Günter Grass e Heinrich Böll. Il guru teatrale Peter Zadek ha detto che gli americani ‘sono paragonabili ai nazisti’. E la Gestapo vive a Guantanamo, Abu Ghraib è la nuova Auschwitz e la Nsa ha assunto la direzione della sede della Sicurezza del Reich. Ma senza l’intervento alleato non ci sarebbe il movimento per la pace in Germania o le marce di Pasqua.  E chiamarlo ‘pacifismo’ sarebbe un tradimento di Carl von Ossietzky, che ha pagato con la vita per le proprie convinzioni. Il pacifismo tedesco del XXI secolo è uno stile di vita che gli altri pagano, è il revisionismo di classi istruite che hanno imparato come formulare il risentimento in modo sottile. Questo misto di ricchezza e pacifismo è stato un disastro e ha causato codardia, la perdita di ogni standard occidentale. La Germania oggi discute di trans e gender in un declino morale associato alla ricchezza. Oppure del burkini, il costume da bagno delle musulmane. Viviamo nel XXI secolo ma abbiamo a che fare con problemi del VII secolo, come la nudità delle persone nelle piscine pubbliche”.

 

Chi sono i responsabili? “Gli intellettuali, i media, i politici sono colpevoli per questa situazione, non le persone comuni, i tedeschi capiscono cosa sta succedendo. Ma settant’anni di ‘pace’ hanno fatto perdere alla Germania la voglia di combattere per la libertà. Oggi la Germania dice che la colpa è della Francia che esclude i musulmani nelle banlieu, come dieci anni fa la colpa era di Bush”. Dopo l’attacco al centro commerciale di Monaco c’è stata una corsa a trovare segni di pazzia nel terrorista. “E’ il potere della negazione: il terrorismo non può avere radici islamiche, così si cerca il ‘pazzo’”, ci dice Broder. “Hanno consentito di entrare a più di un milione di persone senza controllo. Mi rispondono: ‘Ma i migranti sono in maggioranza pacifici’. Vero, ma neppure la maggioranza dei tedeschi ha votato per Hitler. E la Rote Armee Fraktion non ha mai avuto più di mille terroristi. Adesso affrontiamo il primo test per la democrazia tedesca dal terrorismo della Baader Meinhof, che colpivano obiettivi precisi, i ‘porci’, mentre oggi si colpisce la gente per strada. Anche allora non si capì che la Rote Armee Fraktion (il cui avvocato è stato lo stesso di Broder,  Otto Schilly, ndr) era un movimento fascista nella tradizione tedesca. Il loro obiettivo era distruggere la società democratica, instillare paura, ricattare. Gli islamisti vogliono la stessa cosa”.

 

La vita di ogni giorno sta già cambiando. “Sono forse uscito dal ghetto ebraico per entrare in un ghetto multiculturale? Vicino alla Università Tecnica di Berlino, i musulmani bloccano il traffico per pregare in massa il loro dio, Allah. Mai cristiani, ebrei, ortodossi avevano pregato nella università. Forse avrebbero negato loro la possibilità. Chiunque crede che l’islam sia parte della Germania, non dovrebbe esitare a fare un passo avanti: la sharia appartiene alla Germania. Senza sharia, non c’è islam e l’‘Euro-Islam’ è una chimera, come lo era l’‘Euro-Comunismo’. Ci risparmieremmo un sacco di tempo e sarebbe la fine di tutti i dibattiti sulla parità tra uomini e donne, il matrimonio per tutti, il velo, la separazione dei poteri in politica, la separazione tra chiesa e stato, le caricature e la satira. I giornalisti tedeschi sono in una sottomissione volontaria, apri i giornali e trovi pochissime voci libere, anticonformiste. Anche settant’anni fa iniziò così, con la chiusura delle menti. Un giornalista, Christian Bommarius della Frankfurter Rundschau, ha appena scritto che ‘la probabilità di perdere la vita sulle strade è superiore alla probabilità di essere bersaglio di una bomba’. Un altro, Arno Frank della Zeit, ha chiesto alla gente di rilassarsi. ‘Serenità’”. Cosa potrebbe succedere di così terribile ai bravi tedeschi?

 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.