Al Baghdadi (foto LaPresse)

Un nuovo video dell'Isis riconosce l'Italia come bersaglio

Daniele Raineri
Per la prima volta martedì sera lo Stato islamico ha prodotto e messo su internet un video di sedici minuti in cui accusa il governo italiano di essere, assieme a quello americano, uno strumento dei salibiyin, “i crociati”.

Per la prima volta martedì sera lo Stato islamico ha prodotto e messo su internet un video di sedici minuti in cui accusa la politica estera del governo italiano – come in precedenza aveva già fatto contro i governi di Francia, Arabia Saudita, Turchia e America, tutti paesi che sono stati colpiti da attentati. In passato era successo che lo Stato islamico inserisse immagini di Roma nei video ufficiali perché la capitale italiana è considerata un obiettivo da conquistare e da consegnare all’islam, e da tempo i canali dei suoi simpatizzanti traboccano di minacce contro l’Italia. Ma non era ancora successo che l’accusa fosse così esplicita e circostanziata: l’Italia sta aiutando il governo di accordo nazionale in Libia e appoggia le brigate di Misurata che stanno assediando lo Stato islamico a Sirte, oggi diventata il bunker dove il gruppo estremista sta offrendo un’ultima, disperata resistenza.

 

Il video accusa il governo italiano di essere, assieme a quello americano, uno strumento dei salibiyin, “i crociati”, mostra il premier Matteo Renzi in una foto insieme con il presidente israeliano Reuven Rivlin durante una visita ufficiale a Gerusalemme il 22 luglio 2015 e sciorina come altri capi d’accusa una serie di foto e di spezzoni video del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, assieme al primo ministro designato libico Fayez al Serraj, assieme al suo vice Ahmed Meitig e anche assieme al segretario di stato americano John Kerry. Il video dello Stato islamico porta tra le prove della collaborazione italiana con i nemici la foto di un team medico atterrato a Misurata, in Libia, domenica 26 giugno per trasportare 17 combattenti libici in alcuni ospedali di Roma. Per aizzare il risentimento cita pure Benito Mussolini e il generale Rodolfo Graziani, che negli anni Venti guidò una brutale campagna militare italiana in Libia.

 


Matteo Renzi e Reuven Rivlin nel 2015 (foto LaPresse)


 

E’ singolare vedere il duce fare il saluto fascista in un video pubblicato nel luglio 2016 dallo Stato islamico del braccio mediatico di Tripoli, ma il gruppo è attento a sfruttare ogni tipo di appiglio. Se il ruolo della politica estera italiana è fortemente esagerato, la minaccia è reale. Questi tipi di video sono come un rumore di fondo che anticipa gli attentati contro i paesi-bersaglio, per dare al pubblico una sensazione di inesorabilità della capacità punitiva dello Stato islamico.  All’inizio di luglio la Nato ha annunciato la prossima creazione in Tunisia di un centro d’intelligence in cui i paesi membri e i tunisini lavoreranno in modo coordinato contro lo Stato islamico. La Tunisia è un paese da cui sono partiti migliaia di reclute per i gruppi estremisti e confina con la Libia, il paese africano dove lo Stato islamico è ancora forte, a dispetto della disfatta in corso a Sirte.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)