Israele
La liberissima stampa d'Israele, senza rete senza frontiere con la penna in testa
I media odiano Netanyahu e si inventano pure una sua dittatura. “Un’atmosfera di intimidazione ha iniziato a prendere piede in molte, se non nella maggior parte, delle redazioni del paese”, scrive il New York Times.
Una volta è il successo strepitoso di Israel Hayom, il più venduto quotidiano israeliano di proprietà del magnate dei casinò americani Sheldon Adelson, finanziatore del primo ministro Benjamin Netanyahu e di tanti candidati repubblicani negli Stati Uniti. Un’altra volta è l’interim di Netanyahu come ministro della Comunicazione. Un’altra sono le nomine nei grandi media. Un’altra ancora è la riforma della tv pubblica israeliana, la Israel Broadcasting Authority. “Un’atmosfera di intimidazione ha iniziato a prendere piede in molte, se non nella maggior parte, delle redazioni del paese”, si legge adesso sul New York Times, che non perde mai un’occasione per demonizzare il premier israeliano. E non conta il fatto che un governo eletto voglia aprire il settore delle comunicazioni a una maggiore concorrenza. No, si tratta per forza di autocrazia in fieri. Netanyahu come Erdogan. E’ una realtà inventata di sana pianta da una stampa conformista e asservita al pregiudizio. La libertà di parola sarebbe “schiacciata” da Bibi, mentre una vibrante, stampa libera continua ad attaccarlo senza timori e remore ogni giorno? Evidentemente le parole non hanno più alcun significato quando si tratta di Israele.
La stampa in Israele è liberissima e agguerrita, scava nella vita del primo ministro (e di sua moglie Sara) alla ricerca di qualche spicciolo, mette sotto inchiesta i generali e riesce a farli dimettere, anima dibattiti infuocati sulla natura democratica del paese. Israele ha di gran lunga più giornali pro capite rispetto alla maggior parte delle democrazie occidentali e la sua stampa è più di sinistra rispetto a quella di tanti paesi europei. Per capire questa vivacità incredibile, basta aprire il numero del weekend di Haaretz, il quotidiano dei fighetti della diaspora ebraica e di ormai pochissimi lettori israeliani della sinistra radicale: “Israel is an evil state”. Provassero a pubblicare un editoriale di questo tipo in qualsiasi stato che confina con Israele. Chiedessero a Can Dündar cosa gli è successo per molto meno in Turchia. Ciò che i media non perdoneranno mai a Netanyahu è aver surclassato alle urne per tre volte i loro beniamini progressisti.