Niente convivenza senza riforma dell'islam, dice il premier francese Valls
Parigi. “Come i padri della legge del 9 dicembre 1905, dobbiamo inventare un equilibrio con l’islam in virtù del quale la République possa offrirgli la garanzia del libero esercizio del culto”, ma “se l’islam non aiuta la République a combattere coloro che mettono in discussione le libertà pubbliche, sarà sempre più dura potere garantire questo libero esercizio del culto”. In un intervento pubblicato sul Journal du Dimanche (Jdd), il primo ministro francese, Manuel Valls, ha lanciato un nuovo appello ai francesi e in particolare ai musulmani di Francia, a due giorni dall’intervista rilasciata al Monde dove l’inquilino di Matignon ha affermato la necessità di creare “un nuovo rapporto con l’islam in Francia”. Sul Jdd, Valls ha usato toni muscolari per ribadire l’urgenza di “costruire un vero patto repubblicano” con l’islam, assicurando che la Francia sarà implacabile contro “tutti coloro che professano l’odio e fanno l’apologia della violenza”. “I luoghi di culto che ospitano questi predicatori sono e saranno chiusi. Quando i predicatori sono stranieri, saranno espulsi”, ha scritto il premier socialista, aggiungendo che la lotta contro la radicalizzazione passa per una “mobilitazione generale di tutti gli attori pubblici”.
Nel dettaglio Valls invoca un ripensamento completo della formazione degli imam e dei predicatori, che dovranno essere formati “unicamente in Francia”, la trasformazione del paese in un “polo d’eccellenza europeo nell’insegnamento della teologia musulmana”, e la creazione di un sistema di “finanziamento francese” delle moschee. Perché la Francia continua a essere il principale bersaglio dell’Isis? “Siamo odiati e colpiti prima di tutto per ciò che siamo e non per ciò che facciamo”, scrive Valls. Odiati e colpiti per quella “spécificité française” che accoglie in unico territorio milioni di francesi di confessione musulmana. “Ciò che l’ideologia dell’islamismo radicale non sopporta è che milioni di musulmani siano cittadini liberi di scegliere, facendo parte pienamente e lealmente della République. (Questa ideologia, ndr) esecra i valori universali di emancipazione dell’individuo, di uguaglianza tra uomini e donne, il nostro vivere insieme”. Per il premier socialista, è la Francia “inventrice della laicità” che è attaccata dallo Stato islamico, prima ancora di quella Francia che interviene nel Sahel e in Siria, con i suoi Rafale e le sue forze speciali, per annientare le roccaforti jihadiste. “La laicità è una risposta a una lunga guerra civile… deve essere lo scudo della République”, afferma Valls.
Ci sarà forse un prima e un dopo Saint-Etienne-du-Rouvray, perché se è vero che il premier francese ha sempre rifiutato di nascondersi dietro orpelli linguistici per nominare il nemico con il proprio nome, è vero anche che mai come ora era andato così in profondità nell’affrontare la questione nodale dell’assenza di un “patto repubblicano” tra stato e islam, di quel “concordato”, evocato off the records dal ministro dell’Interno Cazeneuve, che favorirebbe la creazione del tanto agognato “islam de France”. Come nel colloquio di venerdì con il Monde, Valls si è rivolto direttamente alla comunità musulmana francese spiegando che senza un sussulto da parte di ogni cittadino fedele all’islam, la lotta contro l’islamismo radicale non potrà essere vinta. “Alcuni vorrebbero che l’islam di Francia costruisca in trent’anni ciò che i cristiani e gli ebrei hanno costruito nel corso di più secoli”, ma ci vorrà “pazienza” e “perseveranza” riunendo attorno allo stesso tavolo, spinti dalla medesima volontà, i musulmani di Francia e i loro rappresentanti. “Non basterà qualche persona di buona volontà, ci vorranno delle coscienze impegnate”, “uno sforzo e imponente”, “anzitutto da parte dei musulmani”.