Oltre 7 mila morti in un anno. I numeri della persecuzione dei cristiani nel mondo
A novembre il Foglio aveva realizzato uno speciale sul genocidio dei cristiani, a pochi giorni dagli attentati islamisti a Parigi. Il direttore Claudio Cerasa nel presentarlo aveva evidenziato come "l’atteggiamento dell’opinionista collettivo è spesso simile a chi, osservando le notizie di un cristiano ammazzato oggi in Siria, uno domani in Iraq, uno dopodomani in Sudan, in Nigeria, in Eritrea, in Arabia Saudita, in Iran, si asciuga le lacrime senza troppa convinzione, dicendo, tra sé e sé: ma che ci vuoi fare, scusa, in guerra c’è molta gente che muore, e quando si è in guerra, tra i tanti che muoiono, non ci possono che essere anche dei cristiani", sottolinenando come "in medio oriente, ma non solo lì, essere cristiani è diventato un peccato mortale e la furia islamista ha ormai scelto da tempo di indirizzare le sue lame e il suo tritolo verso i simboli del cristianesimo dando vita a uno sterminio di massa che giorno dopo giorno assume sempre più i contorni niente affatto esagerati di un genocidio cristiano".
Su queste colonne era intervenuto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che aveva indicato come "la persecuzione a carattere religioso non è mai a se stante, ma è parte della violazione, feroce e sistematica, delle libertà fondamentali dell’uomo, di cui il diritto a professare, a predicare, persino a cambiare la propria fede religiosa, senza dover subire discriminazioni o addirittura violenze, è elemento fondamentale".
Qui potete scaricare lo speciale completo del 21 novembre 2015. Ecco alcuni interventi.
di Maurizio Crippa
I cristiani sono il fianco debole delle nostre società. Quando c’è caos, tutti attaccano loro”. Sua Beatitudine Mar Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei maroniti del Libano, è un uomo pragmatico, la stoffa del buon politico. Bisogna partire da un aneddoto che ha raccontato qualche settimana fa, di passaggio a Milano, durante un rapido briefing organizzato dalla rivista Oasis. Un giorno andò da lui un personaggio importante, ha raccontato, un religioso sciita dell’Iraq: “Mi chiese cosa potevano fare per proteggere i cristiani. Io gli risposi che non accettavo la parola ‘proteggere’, perché i cristiani sono cittadini iracheni come tutti gli altri. Poi ribaltai la domanda: ‘Cosa fate voi per proteggere i cristiani? Perché li ammazzate mentre pregano e fate esplodere le chiese?’. E lui mi rispose, indicandomi il fianco: ‘I cristiani sono il fianco debole delle nostre società. Quando c’è caos, tutti attaccano loro’”. [continua a leggere]
Colpevoli silenzi e reazioni insufficienti dietro il dramma dei cristiani
di Riccardo Di Segni
La Comunità ebraica non può rimanere indifferente davanti alle persecuzioni religiose che colpiscono oggi i cristiani in molte parti del mondo. La storia ebraica è segnata sistematicamente da sofferenze e persecuzioni; sappiamo cosa significa soffrire perché si è portatori di una differenza religiosa; l’idea che ai nostri giorni qualcuno debba soffrire di limitazioni di libertà di culto, maltrattamenti, espulsioni, massacri per la sua differenza di credo è ripugnante. Non avremmo pensato, e ne siamo stupiti, che nel Ventunesimo secolo dovessimo apprendere di persecuzioni a danno di cristiani. La solidarietà e la simpatia con chi è perseguitato è per noi non soltanto doverosa, ma sincera e spontanea. Fermo restando lo sdegno, è opportuno riflettere su tre aspetti problematici. [continua a leggere]
di Adriano Sofri
Argomentare una pratica genocida nei confronti delle comunità cristiane nel vicino oriente attraversato dalla guerra per bande, è superfluo, salvo per chi non voglia vedere. Però sono molti a non voler vedere, cristiani benestanti compresi. In quelli che vedono e soffrono, pesa la lunga abitudine a un’idea di pace che si rassegna alla persecuzione: alla persecuzione degli altri, perché i perseguitati, e i loro vescovi e patriarchi, invocano senza riserve una forza opposta alla violenza dei jihadisti, che difenda la vita delle persone e la storia di comunità antiche estirpate spietatamente. Non so se i cristiani lontani dalla mischia abbiano fondamenti limpidi e risolutivi. Che rapporto passi per loro fra il consiglio di porgere l’altra guancia e il bisogno di una forza giusta e perciò legale che fermi la mano che percuote (e sgozza e decapita e incendia). E con che animo sentano di porgere, con le parole che pronunciano e con le azioni che omettono, guance d’altri inermi e braccati. (E’ troppo banale, o addirittura volgare, suggerire un complemento: Non porgere la guancia d’altri?). [continua a leggere]