Quel silenzio sulla persecuzione dei cristiani nel mondo

Claudio Cerasa
Il World Watch List 2016, report annuale dell’associazione OpenDoors, ha fatto alcuni conti sui martiri cristiani. Dai 4.344 morti del 2014 siamo passati ai 7 mila del 2015. Gli appelli internazionali possono essere utili, certo, ma serve altro.

Al direttore - Mi domando come mai la persecuzione dei cristiani trovi poco spazio nei media italiani ed europei. Dove sono i giornali dell’intellighenzia politicamente corretta quando bisogna raccontare il genocidio dei cristiani in tutto il mondo? Lo sappiamo che l’uccisione del gorilla Harambe ha avuto una copertura mediatica sei volte superiore alla decapitazione di 21 cristiani per mano dell’Isis? Qualche media internazionale ha riportato la notizia delle oltre 40.000 violenze subite dai cristiani nei campi profughi in Germania? I cristiani in Iraq e Siria sono vicini all’estinzione e in alcune zone del Pakistan, i cristiani vivono in vere e proprie condizioni di apartheid. Tutto questo nel quasi totale silenzio della comunità internazionale, dell’Alto Rappresentante della Ue per la politica estera Federica Mogherini, della Nazioni Unite e, dei grandi e tanto osannati media “liberi”.

Marco Gombacci

 

 

Il World Watch List 2016, report annuale dell’associazione OpenDoors, ha fatto alcuni conti sui martiri cristiani. Dai 4.344 morti del 2014 siamo passati ai 7 mila del 2015. Solamente in Iraq (fonte Caritas) sarebbero oltre 2 milioni le persone scappate dalla violenza islamista dello Stato islamico. Un altro milione è fuggito dalla Siria. Un milione e mezzo in Nigeria. Nel 2015 ci sono state 2.400 chiese attaccate. Cinque anni fa i cristiani ad Aleppo erano 150 mila oggi centomila se ne sono andati. Gli appelli internazionali possono essere utili, certo. Ma i cristiani del medio oriente non hanno bisogno di appelli. Hanno bisogno di qualcuno che, anche con la forza, li metta in condizione non di scappare ma di vivere nella loro terra.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.