Burkini in spiaggia (foto via YouTube)

La Francia al test islamico del burkini. Così il culto è passato per cultura

Mauro Zanon

Il divieto alla croisette e la battaglia di Céline Pina. La “journée burkini” scatena un'ondata di indignazione e si rivela questione identitaria rilevante e non solo una polemica di mezz’estate. Non sono mancate le reazioni indignate della comunità islamica locale pronta a dare battaglia legale per “islamofobia”.

Parigi. L’ondata di indignazione provocata dall’organizzazione della “journée burkini” in un parco acquatico di Pennes-Mirabeau, nel sud della Francia, ha portato, quattro giorni fa, alla cancellazione dell’evento organizzato della controversa associazione Smile 13, bersaglio di critiche veementi per le sue posizioni ambigue nei confronti degli islamisti. Ma dietro questo episodio, tutt’altro che isolato in una Francia sempre più arrendevole nei confronti delle insistenti richieste della comunità islamica, si nasconde molto più di una semplice iniziativa controversa. Per Céline Pina, ex consigliera regionale nell’Ile-de-France in quota Partito socialista (Ps), la scelta di organizzare un evento dove soltanto le donne che indossano il burkini possono partecipare è tutt’altro che ingenua. “E’ una provocazione politica. L’obiettivo: testare la resistenza della società francese colpendo i diritti delle donne. Il burkini è la versione balneare del burqa. Gli islamisti utilizzano l’alibi dell’aspetto culturale per imporre la norma cultuale, l’argomento del pudore per imporre l’invisibilizzazione delle donne”, ha dichiarato Pina al Point.

 

Ex vicesindaco di Jouy-le-Moutier, nel Val d’Oise, Pina ha assistito da vicino all’islamizzazione di intere zone della République, ha denunciato in un libro il “silenzio colpevole” del suo campo politico, la gauche, che in cambio di voti china il capo dinanzi all’ascesa rampante del salafismo, e non è sorpresa da questo ennesimo attacco violento alla laïcité. “Il sindaco di Pennes-Mirabeau (Michel Amiel, Ps, ndr) si è battuto affinché l’evento fosse cancellato. Ma i politici avrebbero dovuto condannare senza equivoci. La pagina Facebook di Smile 13 mostra chiaramente che ci troviamo di fronte a un’associazione di militanti islamisti che rifiutano il nostro modo di vivere”, ha aggiunto Pina. Quella che i salafiti vogliono imporre è “una logica di apartheid”, ha denunciato l’ex consigliera Ps, vogliono “la separazione dei sessi, la separazione tra la donna rispettabile dal corpo negato e l’impudica in bikini. La liberazione della donna è stata raggiunta attraverso il corpo, la regressione dei suoi diritti pure”.

 

Che l’“affaire burkini” fosse in Francia una questione identitaria rilevante e non solo una polemica di mezz’estate legata a un episodio a se stante, se ne è avuta conferma giovedì sera con la decisione del sindaco di Cannes, David Lisnard, di proibire il burkini sulla spiaggia della Croisette: chi contravverà, subirà un’ammenda di 38 euro. “L’ingresso in spiaggia e al mare è vietato a tutte le persone che non hanno un abbigliamento corretto, rispettoso dei buoni costumi e della laicità, delle regole igieniche e della sicurezza dei bagnanti”, ha scritto il sindaco neogollista (Les Républicains) nell’ordinanza emessa lo scorso 28 luglio e valida fino al 31 agosto. Una decisione, quella di proibire il costume islamico che lascia scoperto soltanto l’ovale del viso, “presa, alla stregua di altre, per garantire la sicurezza della mia città in un contesto di stato di emergenza”, ha dichiarato il primo cittadino di Cannes. Lisnard, uomo forte dei Républicains nel Midi, aveva già deciso, dopo la strage di Nizza, di bandire dalla spiaggia borse e valigie di grosse dimensioni per prevenire la minaccia terroristica. Ora, con questa ordinanza anti burkini – che ha già trovato un emulo, Lionnel Luca nel comune di Villeneuve-Loubet –, si spinge ancora più in là: “Un capo d’abbigliamento da spiaggia che esibisca in maniera ostentata l’appartenenza religiosa, nel momento in cui la Francia e i luoghi di culto religioso sono attualmente nel mirino del terrorismo, è suscettibile di creare disagi all’ordine pubblico, disagi che è necessario prevenire”.

 

Com’era prevedibile, non sono mancate le reazioni indignate della comunità islamica locale e di alcune associazioni che si sono dette pronte a portare il sindaco davanti al giudice per “islamofobia”. La Fédération des musulmans du Sud, tramite la sua portavoce, Feiza Ben Mohamed, ha dichiarato che “è stato compiuto un nuovo passo verso l’islamofobia e l’esclusione, Cannes che diventa una città fuorilegge grazie a questa ordinanza”. Assieme alla Fédération des musulmans du Sud, ha subito reagito il Collectif contre l’islamophobie en France, guidato dal controverso Marwan Muhammad. Quest’ultimo ha denunciato il carattere “discriminatorio” dell’ordinanza, annunciando di essersi attivato per farla ritirare, come aveva già fatto nel 2014 con un’ordinanza anti velo a Wissous, nell’Essonne.