Il declino dell'impero americano
Roma. Alla fine del film “Le Déclin de l’empire américain” del 1986, il regista canadese Denys Arcand inserisce questo monologo di una docente universitaria: “I sintomi della caduta dell’impero sono visibili ovunque: la popolazione civile che disprezza le proprie istituzioni, il crollo del tasso di natalità, la renitenza dei maschi al servizio di leva, un debito nazionale ormai incontrollabile, la diminuzione costante delle ore di lavoro, il proliferare dei funzionari, la degenerazione delle élite. Quello che viviamo è un processo generalizzato di disgregazione dell’esistenza”.
Pur strizzandogli l’occhio, Arcand aveva intuito che il crollo del tasso di natalità era legato all’edonismo. Allora fu quello dei baby boomers, oggi è quello dei millennials. Una conferma viene dal drammatico rapporto dello U.S. Centers for Disease Control and Prevention: nel 2015 le nascite in America hanno toccato i minimi storici dal 1909, da quando sono state analizzate per la prima volta. Oggi va peggio persino che durante la Grande depressione del 1929, quando si verificò la più grande calamità economica e il più grande sconvolgimento sociale della moderna storia americana.
Oggi in America nascono appena sei bambini su cento donne in età fertile dai 15 ai 44 anni. Si è verificato un calo del dieci per cento in dieci anni. Si è passati dal “baby boom” dopo la Seconda guerra mondiale, con l’apice toccato nel 1957 quando nacquero 122,9 bambini ogni mille donne, all’attuale “baby bust”. Pascal-Emmanuel Gobry dell’Ethics and Public Policy Center, sul Week, parla apertamente di “emergenza nazionale”. Gli esperti la chiamano “recessione a effetto anticoncezionale”. L’America si sta europeizzando: nei giorni scorsi, l’Eurostat ha rivelato che nel 2015 per la prima volta il numero di morti in Europa ha superato quello dei nuovi nati. L’America non è ancora caduta nella “trappola della bassa fertilità” in cui rantolano molti paesi industrializzati come Italia, Germania, Spagna, Portogallo e Grecia, ma appare certamente in crisi l’“eccezione americana” dell’unico grande paese occidentale che, oltre ai beni di consumo, finora aveva prodotto anche tanti bambini e senza alcun incentivo economico-sociale.
Jonathan V. Last, autore del libro “What to Expect When No One’s Expecting: America’s Coming Demographic Disaster”, paragona la situazione americana alla politica del figlio unico in Cina: “Le donne cinesi sono state sottoposte alla brutale politica del figlio unico. Chi cercava di avere più figli è stato sottoposto a multe e aborti forzati. Le loro case sono state rase al suolo e i loro mariti licenziati dai posti di lavoro. Le donne cinesi hanno un tasso di fertilità di 1,54. L’America ha una propria politica del figlio unico. E l’abbiamo scelta noi”. Last sostiene che l’America dovrebbe guardarsi dalla fine che ha fatto un altro paese asiatico, il Giappone: “Nel 1980, tutti davano per scontato che i giapponesi fossero sul punto di dominare il mondo. Ma la robusta facciata economica del paese nascondeva una struttura demografica fatiscente. L’anno scorso, per la prima volta, i giapponesi hanno comprato più pannolini per adulti che pannolini per neonati, e più della metà del paese è classificata come ‘depopolata’. All’attuale tasso di fertilità, entro il 2100 la popolazione del Giappone sarà meno della metà di quella che è ora”.
All’origine del declino demografico americano ci sono soprattutto i millennials, la nuova generazione in età fertile. O meglio, infertile. Perché, come ha reso noto un rapporto pubblicato dallo Urban Institute, le donne millennial “si riproducono a un ritmo più lento di qualsiasi generazione nella storia degli Stati Uniti”. E’ del 26 per cento il calo delle nascite fra le tradizionalmente fertili donne ispaniche, seguite dalle donne nere con un calo del 14 per cento. Per questi due gruppi valgono soprattutto le ragioni economiche. Ma per le donne bianche la storia è ben diversa: “L’81 per cento della diminuzione della fertilità è attribuibile ai tassi di matrimonio in declino”.
A trainare la demografia americana sono ancora gli evangelici protestanti e i cattolici, con un tasso di 2,5 figli, mentre i non credenti sono scesi a 1,6, un tasso da paese europeo in grave declino. E’ l’avvento della “Childfree life”, la vita senza figli, come strilla una copertina del settimanale Time. La foto di copertina mostra una coppia giovane, sdraiata sulla sabbia, con l’aria beata, intenta a godersi le vacanze. Un nichilismo ebbro del postmoderno e del life style. Maura Pennington su Forbes scrive che i millennials sono affetti da quello che lo psicologo sopravvissuto all’Olocausto, Viktor Frankl, ha definito il “vuoto esistenziale”. Generazioni senza figli. Per scelta. O per dirla con la comica Margaret Cho, “i bambini mi fanno paura più di qualsiasi altra cosa”. Una generazione “selfish, shallow, and self-absorbed”. Sterile, soprattutto.
Il film di Arcand “Le Déclin” si apre con la scena di un professore universitario, Rémy, che spiega agli studenti che nella storia contano soltanto tre cose: “I numeri, i numeri e ancora i numeri”. Ecco, dopo quelli della vecchia Europa anche quelli dell’America si stanno restringendo.