A Mosul un gruppo partigiano lotta contro lo Stato islamico
Roma. Due giorni fa l’esercito dell’Iraq ha conquistato Qayyarah, e questo nome può suonare sconosciuto ma si tratta di una città che è storicamente un punto forte dello Stato islamico da prima del 2014, quindi dell’occupazione ufficiale e fin da prima ancora, quando c’era la guerra con gli americani. Qayyarah siede sull’asse stradale che da sud a nord porta dopo cinquanta chilometri a Mosul. Dopo non ci sono più altri grandi centri abitati prima dell’obbiettivo finale della campagna per sradicare lo Stato islamico dall’Iraq, che è Mosul stessa.
La caduta di Qayyarah grazie ai soldati iracheni, di Jarablus in Siria grazie a un corpo di spedizione misto fatto di soldati turchi e ribelli siriani e l’imminente caduta di Sirte assediata dalle brigate libiche provano che questo modo ibrido di combattere la guerra funziona: l’occidente mette aerei e intelligence, le forze locali mettono la fanteria. Da qualche tempo si dice che a Mosul sia nata una resistenza clandestina che compie colpi di mano contro lo Stato islamico come li farebbe contro una forza d’occupazione. La resistenza ha una pagina facebook che si chiama Kataib Mosul, in arabo “I battaglioni di Mosul”, è aggiornata più o meno ogni tre giorni e di recente ne ha parlato anche la rete tv americana Cnn. Sulla pagina facebook si può leggere il bollettino aggiornato delle operazioni, che sono atti di sabotaggio sporadici e limitati. Per esempio il giorno prima di Ferragosto la pagina informa: “Colpito con una bomba un pick Toyota di Daesh alle ore 8, morti tutti quelli che erano a bordo”. E il 31 luglio l’anonimo curatore della pagina scrive che un cecchino della resistenza ha ucciso una sentinella di Daesh e ne ha poi nascosto il corpo prima di dileguarsi.
Come per molti altri rumors nella guerra contro lo Stato islamico si è tentati di mettere pure queste voci che arrivano da Mosul nella categoria “impossibili da confermare”, anche perche i mosulawi, gli abitanti di Mosul, sono accusati in via generica di essere stati simpatizzanti dello Stato islamico. Ma tre settimane fa lo Stato islamico ha dato una conferma ufficiale dell’esistenza di questo gruppo partigiano pubblicando un video – davvero efferato anche per gli standard del gruppo islamista – in cui punisce con la morte tre sabotatori. Il luogo dell’uccisione è peculiare: i tre sono uccisi ciascuno davanti a una lettera M dipinta sul muro. La M sta per muqawama, resistenza, ed è tracciata in fretta sui muri dai dissidenti come segno di sfida al potere dello Stato islamico. Un boia straniero – del Caucaso – li uccide con un colpo di fucile a pompa al viso, in modo che il muro sia imbrattato di sangue. Prima di essere uccisi i tre sono ripresi mentre confessano e danno informazioni sull’organizzazione del gruppo, ed è per questo motivo che i “battaglioni” sono compartimentalizzati: chi ne fa parte non conosce gli altri uomini, anzi ne conosce il meno possibile.
Per questa rete clandestina muoversi a Mosul è difficile: lo Stato islamico applica un protocollo di sicurezza opprimente e capillare a tutti gli abitanti della seconda città più grande del paese, li ferma ai posti di blocco, si fa consegnare i telefoni, controlla che tipo di fotografie e video hanno in memoria e che non siano iscritti a facebook. Accedere a internet a Mosul è possibile soltanto in alcuni centri autorizzati, dove le persone sono tenute d’occhio da sentinelle che guardano lo schermo da sopra le spalle. E’ possibile che in alcune zone al margine della città i telefonini possano prendere il segnale dall’esterno, e questo spiega come fanno ad aggiornare la pagina facebbok.
La Cnn aggiunge un dettaglio interessante: la Coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti usa anche le informazioni fornite dalla muqawama per guidare gli attacchi aerei. “Abbiamo scelto di cooperare con loro perché i bombardamenti sono molto precisi e limitano le perdite civili”, ha detto un contatto del gruppo alla Cnn.