Angela Merkel in un'intervista tv (foto LaPresse)

La stampa tedesca critica – ma al fondo rispetta – Frau Merkel

Marco Cecchini
Rifugiati, politica monetaria, ascesa dei populisti. Tutto congiura contro la cancelliera, che scende nei sondaggi. Ma la stampa tedesca che conta non l’ha abbandonata.

Berlino. La popolarità della cancelliera Angela Merkel continua a calare. Secondo un sondaggio di Bild am Sonntag, l’edizione domenicale del quotidiano più diffuso della Germania di orientamento fortemente conservatore, la quota di tedeschi contrari a una sua ricandidatura è salita di due punti, al 50 per cento. Ma a dispetto delle difficoltà, è presto per liquidare le chance di Frau Angela, “mutti, ovvero la mamma nel linguaggio popolare. Le elezioni generali, che si terranno nell’ottobre del 2017, sono lontane e sulle grandi questioni di interesse nazionale Merkel può ancora contare sull’appoggio di una stampa in larga maggioranza non ostile, se non fondamentalmente amica.

 

Circostanza questa che, in un paese dove la diffusione dei quotidiani, per quanto decrescente, si aggira tuttora sulle 260 copie ogni mille abitanti (93 in Italia) e la circolazione sui 21 milioni (7,8 in Italia), risulta un fattore di consenso politico non indifferente. Nonostante i fatti di Colonia, la crisi dei rifugiati, gli attentati di Monaco e Anspach, l’ascesa dei populisti antieuro di AfD, la politica dei tassi a zero della Banca centrale europea che turba i sonni di pensionati e risparmiatori – insomma un mix di fattori che avrebbe messo alle corde chiunque – la cancelliera gode ancora di molto rispetto presso la grande stampa nazionale, che anche quando la critica lo fa con i guanti di velluto. La Germania non è l’Italia, dove il fuoco ad alzo zero contro il governo e gli attacchi personali al premier di turno sono quotidiani, a prescindere dalla sua collocazione politica. Il rispetto di cui gode la cancelliera tuttavia, “non dipende solo dalla carica istituzionale che ricopre, ma dal merito delle sue scelte e dalla sua longevità politica”, dice al Foglio Daniel Goffart, vicedirettore del settimanale di orientamento conservatore Focus. La differenza tra governi transeunti per tradizione cinquantennale, come quelli italiani, ed esecutivi graniticamente stabili pesa nell’atteggiamento mediatico verso il potere.

 

Secondo Marc Brost, capo dell’ufficio berlinese della Zeit, “è indubbio comunque che la questione dei rifugiati rappresenti un game changer per Angela Merkel”. Sotto questo profilo i fatti di Colonia nella notte del 31 dicembre scorso sono stati un punto di svolta. Nell’ultimo anno e mezzo il gradimento della cancelliera è sceso di parecchi punti sotto il picco del 67 per cento e anche nei circoli giornalistici la sua politica di apertura ha sollevato perplessità. Ma a un anno dalla famosa dichiarazione (post Colonia) “wir schaffen das”, variante germanica del “yes, we can” obamiano applicato al caso dell’accoglienza ai rifugiati, i media cominciano a guardare con occhi diversi gli esiti della strategia merkeliana. In un articolo del 26 agosto (“Das ist die ökonomische Bilanz von Wir schaffen das”), la Welt elenca i benefici economici della politica di apertura controllata della cancelliera: un contributo dello 0,2 per cento al pil del 2015 destinato a ripetersi quest’anno, un aumento di 600 mila unità della forza lavoro a fronte di costi per 6,5 miliardi a carico dello stato il cui bilancio resta in pareggio. Ma soprattutto il crollo degli ingressi, passati dai 200 mila al mese ai 16 mila dello scorso aprile.

 

La Zeit e lo Spiegel sottolineano la crescente marcatura di realpolitik assunta dalla politica della Merkel, la quale ha prima selezionato i paesi che danno diritto all’asilo, poi ha aperto i confini agli ingressi dall’Ungheria (dopo avere promesso il contrario) e chiuso la rotta balcanica con l’accordo con la Turchia. La realpolitik che ha condotto la Germania ad accordarsi con un autocrate come Erdogan è dibattuta e criticata, ma i suoi risultati relativamente positivi non possono essere sottaciuti. La vera domanda secondo la Faz (“Das Mantra der Kanzlerin”, 16 agosto) che chiede “polso fermo” sul tema dei rifugiati “è se la cancelliera e la Cdu sono ancora forze in grado di comprendere il senso di insicurezza che si è diffuso tra i tedeschi e affrontarlo”. Secondo Focus la frenata nei flussi migratori e la buona condizione dell’economia “consentiranno comunque a Merkel, che è priva di concorrenti, di ottenere il quarto mandato nel 2017”.

 

Nel variegato panorama della stampa tedesca, la cifra dominante anche dopo Colonia resta dunque la moderazione. La proprietà dei giornali è riconducibile a editori puri, spesso famiglie in sella da lungo tempo: Von Holtzbrinck, Bertelsmann, Axel Springer, oppure fondazioni nel caso della Frankfurter Allgemeine Zeitung o case editrici a partecipazione familiare (Süddeutsche Zeitung). Lo spettro dell’orientamento politico culturale va dal liberal socialismo (Zeit, Spiegel) ai liberal conservatori (Faz, Welt), ma il denominatore comune è liberale. La percezione della cancelliera presso i media replica, sul versante dell’economia, un copione analogo a quello sul tema dei rifugiati. Anche qui si vorrebbe maggiore decisionismo e la politica dei “piccoli passi” appare discutibile, ma non è bocciata senza appello. I più critici verso l’operato della cancelliera sono la Faz e la Bild (quando un anno fa sembrava che Schäuble avesse vinto la sua battaglia per l’uscita della Grecia dall’euro la Bild titolò “Danke Herr Schäuble”) che tuonano quotidianamente contro la Bce e i costi della euroburocrazia.

 

Le testate più liberal si interrogano invece sulla capacità della cancelliera di esercitare una efficace leadership europea nel dopo Brexit. Qualche giorno fa la Süddeutsche Zeitung si chiedeva se Frau Angela fosse capace di tenere unita l’Europa e concludeva che la sua longevità politica e il ruolo avuto nelle principali scelte europee del passato rendono la sua leadership “inevitabile”. Anche sul fronte del rigore di bilancio a livello europeo il pragmatismo della cancelliera, che in pubblico difende con forza i princìpi del Patto di Stabilità ma nei fatti dà il suo via libera a qualche grado di budget flexibility, non piace del tutto ma viene in definitiva considerato un male necessario. Nikolaus Blome, caporedattore politico della Bild, ha scritto sulla cancelliera un libro dal titolo emblematico, “Angela Merkel, die Zauder Kunstlerin”, che (con qualche grado di libertà) si può tradurre in “Angela Merkel, la prestigiatrice”. Nei prossimi mesi gli avversari di Frau Merkel dovranno stare attenti ai suoi giochi di prestigio.