Macron si dimette, lascia la sinistra e adesso si prepara a diventare re
"Se posso continuare a esprimermi e a esporre le mie idee restando nel governo, resterò. Se dovrò restare in silenzio, trarrò le conclusioni”, aveva detto. Lo sostituirà l’attuale ministro delle Finanze Michel Sapin.
Parigi. Non ha mai smesso di affermare la sua libertà di tono, non ha mai rinunciato a esporre le proprie idee anche a costo di infastidire il presidente francese François Hollande, che lo ha sempre protetto dagli innumerevoli attacchi di cui è stato bersaglio, ma era giunto il momento di staccarsi, di abbandonare il battello socialista, oramai finito in acque troppo burrascose per federare i francesi e poter sperare nel 2017 in un nuova vittoria. Martedì, il ministro francese dell’Economia, Emmanuel Macron, ha rassegnato le sue dimissioni, dopo un incontro con il capo di stato Hollande, al quale ha spiegato le ragioni del suo addio. Lo sostituirà l’attuale ministro delle Finanze Michel Sapin. In mattinata il quotidiano economico Echos aveva anticipato la notizia, con un pezzo che parlava di una lettera di dimissioni già scritta e pronta da mesi. Più volte annunciata, e altrettante volte smentita, la partenza dell’elettrone libero di Bercy si è concretizzata il giorno dopo la rentrée dei socialisti a Colomiers, nell’Alta Garonna, e suona come uno sberleffo a tutta la gauche.
Dopo aver sfilato il ruolo di modernizzatore della sinistra al premier Valls, dopo aver affermato di voler andare oltre il clivage politico droite-gauche, e dopo aver dichiarato con cristallina franchezza la scorsa settimana di “non essere socialista”, Macron ha deciso finalmente di uscire dall’ambiguità che intratteneva dallo scorso 6 aprile, quando nella sua Amiens ha lanciato il suo movimento transpartitico "En Marche!". La decisione di accelerare la sua marcia – il cui traguardo sperato è l’Eliseo – è avvenuta lo scorso 24 agosto, quando Macron ha riunito i suoi fedelissimi e una quindicina di parlamentari per un pranzo a Bercy, sede del ministero dell’Economia. Un discorso introduttivo, il solito sorriso charmeur, i toni determinati, l’ambizione debordante e una frase: non mi rassegno alla “fatalità di una sconfitta elegante”. Il sole picchia forte a Parigi quando Macron lascia cadere queste parole davanti ai suoi sodali, che hanno ancora davanti agli occhi le foto dell’articolone a lui dedicato su Paris Match con la moglie Brigitte, un classico della politica francese per chi punta all’Eliseo. A un certo momento, come racconta il Figaro martedì, uno dei presenti si rivolge direttamente al giovane inquilino di Bercy: “Bisogna accelerare. I tuoi sostenitori sono lì, ma si stanno demotivando. A causa dell’attentato di Nizza hai deciso di non agire. Ma non puoi più aspettare, bisogna che tu chiarisca urgentemente la tua situazione”. Risposta immediata del fondatore di En Marche!: “Lo saprete presto. Porrò la questione a François Hollande. Se posso continuare a esprimermi e a esporre le mie idee restando nel governo, resterò. Se dovrò restare in silenzio, trarrò le conclusioni”.
Il principale timore dei macroniani, adesso, è quello di un’uscita brusca e deleteria à la Arnaud Montebourg, il suo predecessore all’Economia, che da quando è uscito dal governo in polemica con la politica adottata dall’Eliseo, nel settembre 2014, non ha mai smesso di lanciare frecciate contro i suoi ex compagni di rotta, e ora si erge a leader maximo della gauche giacobina. Ma Macron sa bene, a differenza di Montebourg, quanto sia importante evitare rotture nette quando si è ancora in piena fase di ascesa. “Non me ne andrò allo stesso modo di Montebourg. Sarò solidale con il governo, con ciò che ha fatto il presidente. Me ne vado perché la classe politica è totalmente sconsiderata. L’offerta politica non corrisponde più a ciò che si aspettano i francesi. Sono uno dei pochi ad attirare un elettorato che non si interessa più alla politica. Bisogna essere coscienti di ciò che sta accadendo in questo paese. La situazione è esplosiva”, ha dichiarato Macron davanti alla sua cerchia. E ancora: “Se Nicolas Sarkozy è il candidato della destra, molti elettori di sinistra non andranno a votare al secondo turno per non dover scegliere tra lui e Marine Le Pen. Bisogna battersi per evitare un incidente della Storia”. Incidente che un movimento come il suo En Marche! potrebbe evitare: “Ha una forza di influenza equivalente o addirittura superiore a quella del Ps”, ha assicurato Macron davanti ai suoi fedelissimi vantando più di 60.000 aderenti in soli cinque mesi. “Dobbiamo fare campagna sul campo”, ha aggiunto. Per riprendere il titolo di una biografia a lui dedicata, il banchiere ha deciso di diventare re.