La notizia della morte di Angela Merkel è ampiamente esagerata. Ecco perché
Domenica nelle elezioni regionali nel Meclemburgo la Cdu, il partito centrista della Cancelliera tedesca, è stato superato dai populisti di destra dell'AfD. Cosa significa davvero la sconfitta e quali sono i numeri che contano. La versione di Nielsen (Unicredit) e Piantini (Palazzo Chigi).
Roma. L’inaudito sorpasso della Cdu, l’unione cristiano-democratica della Cancelliera tedesca, Angela Merkel, da parte della destra populista nelle elezioni svoltesi domenica scorsa in Meclemburgo-Pomerania è stato accolto con enfasi dalla stampa europea, che lo ha ricondotto alla crescente opposizione sociale nei confronti della politica migratoria di Berlino. La Cancelliera sarebbe quindi alle corde e alle corde sarebbe anche il suo approccio eccessivamente inclusivo nei confronti dei rifugiati. Con la fine dell’èra Merkel e l’avvento dell’estrema destra, l’Europa dovrebbe insomma prepararsi a un radicale cambio di rotta. In realtà, le elezioni in Meclemburgo si prestano a un’analisi assai meno apocalittica di quella sinora circolata. Il dato del sorpasso dell’AfD (20,8 per cento) ai danni della Cdu (19) è senz’altro storico e va considerato come un campanello d’allarme per il partito cristiano-democratico, ma non deve essere sopravvalutato, né semplicisticamente traslato a livello federale, dove la Cdu resta oggi primo partito nei sondaggi con il 33 percento e Merkel una dei politici relativamente più popolari. Come ha notato alla vigilia del voto anche il capo-economista di Unicredit, Erik Nielsen, con una dichiarata opera di “debunking preventivo” dei titoli di giornale troppo allarmistici, Meclemburgo e Pomerania insieme rappresentano uno dei Länder meno popolosi della Repubblica federale (poco più di un milione e mezzo di abitanti su circa ottanta milioni), in gran parte rurale e con un reddito pro capite inferiore alla media nazionale. In breve: un territorio ben poco rappresentativo. In Meclemburgo e Pomerania il numero di stranieri residenti è tra i più bassi dell’intera Germania (2 per cento del totale della popolazione) e la gran parte di essi (il 65 per cento) provengono dalla vicina Europa orientale e non dal medio oriente.
Non è un caso, insomma, se ad aver influito sulla consultazione di domenica siano state anche preoccupazioni diverse dalla situazione dei rifugiati o dall’islamizzazione strisciante. Lo confermano le rilevazioni demoscopiche della prima televisione tedesca (Ard), in base alle quali “giustizia sociale”, “lavoro e occupazione”, “scuola e istruzione” vengono ben prima dell’accoglienza e dell’integrazione dei rifugiati nella lista delle priorità degli elettori. In generale, insomma, è stata la politica regionale più che quella federale ad aver convinto i tedeschi del Meclemburgo a tornare a votare – l’affluenza è stata di dieci punti superiore a cinque anni fa – voltando le spalle ai partiti già rappresentati nel Parlamento di Schwerin (tutti in calo) e premiando l’AfD, che da partito euroscettico è diventato un movimento anti-immigrazione. Da un punto di vista politico, l’unione cristiano-democratica non ha mai avuto Schwerin tra le proprie roccaforti, se si fa eccezione per le prime elezioni libere del 1990 e quelle del 1994, quando la Cdu superò i partiti della sinistra. Da allora in avanti il Meclemburgo è sempre stato governato dalla socialdemocrazia, che da due mandati esprime un governatore molto forte e amato dalla popolazione. Non è un caso se, sempre secondo Ard, lo sfidante cristiano-democratico è stato ritenuto assai meno credibile e competente del governatore in carica. Benché la Cdu abbia vinto nel collegio della cancelliera a Stralsund sul mar Baltico, Angela Merkel ha scelto, elegantemente, di assumersi pubblicamente la responsabilità della sconfitta senza addossarla ai colleghi del Meclemburgo. La sconfitta è comunque tutto sommato davvero relativa, visto che ci sono buone probabilità che Spd e Cdu continuino a governare insieme, senza un ritorno all'alleanza rosso-rossa che ha retto le sorti del Land tra il 1998 e il 2002.
Del medesimo avviso è anche il consigliere di Palazzo Chigi per gli affari europei, Marco Piantini, il quale, parlando con il Foglio, ragiona così sull’impatto del voto dell’altro ieri: “L’avanzata di un movimento anti europeo che via via ha acquisito connotazioni xenofobe è un dato molto preoccupante. Numericamente, mi pare, la maggioranza di governo non cambierà. La Merkel certo è sotto pressione da destra e da sinistra” e lo sarà ancora di più a partire dall’anno prossimo, quando, prima delle elezioni federali, dovrà trovare un compromesso sul nome del nuovo Presidente della Repubblica e affrontare il voto in Nordreno-Westfalia, questo sì vero e proprio barometro della pressione a livello federale, ma in generale “il Meclemburgo è una regione relativamente piccola e sin qui politicamente marginale nel sistema, nel quale il voto ‘contro’ la maggioranza e più in generale contro l’establishment federale è stato forte anche in passato”, conclude Piantini.