“Solo una dittatura salverà la Francia con venti milioni di musulmani”
Roma. “Le Suicide Français” ha venduto oltre mezzo milione di copie. “Un quinquennat pour rien” (éditions Albin Michel) di Éric Zemmour uscirà soltanto l’8 settembre, ma svetta già nelle classifiche francesi al fianco di Harry Potter. Le organizzazioni islamiche lo hanno trascinato in tribunale, i salafiti lo hanno minacciato di morte e costretto a girare con la scorta, i benpensanti gli hanno tolto una rubrica radiofonica, i ministri socialisti hanno sconsigliato di leggere i suoi libri in quanto sarebbe un “cripto lepenista”, i belgi lo odiano per aver suggerito alla Francia di bombardare Molenbeek anziché Raqqa, le femministe non gli perdonano di aver pubblicato un pamphlet dal titolo “Le premier sexe”. Eppure, non si parla che di Zemmour, questo intellettuale di origini ebraiche che da dieci anni impone i termini del dibattito sul destino della Francia. I cinque anni che passa in esame nel suo nuovo libro sono quelli della presidenza socialista Hollande. “Gli attacchi contro Charlie Hebdo, l’Hypercacher di Porte de Vincennes e la strage al Bataclan annunciano l’inizio di una guerra civile francese, o anche europea, e la grande sfida dell’islam alla civiltà europea nel proprio paese di elezione”, scrive il saggista più controverso di Francia. “Questo ritorno del tragico contrasto con la mitezza presidenziale confinante con il vuoto. Come se la storia avesse aspettato, ironicamente, l’arrivo all’Eliseo del presidente più mediocre della Quinta Repubblica per fare il suo ritorno”.
Zemmour immagina l’impensabile: “Se domani ci fossero venti, trenta milioni di musulmani francesi decisi a velare le donne e a imporre le leggi della sharia, riusciremmo a mantenere gli standard minimi di laicità solo con la dittatura. Questo è stato capito da Atatürk e Bourguiba”.
Zemmour attacca il “senso di colpa” e il “pacifismo” dominanti in Francia con la loro “influenza devirilizzante e distruttiva”. Gli attacchi terroristici, scrive, potrebbero aver influenzato definitivamente il programma di islamizzazione della Francia stabilito nel corso dei prossimi venti anni. Se la prende con i Fratelli Musulmani: “Stanno lavorando sin dai primi anni Ottanta con la costruzione di moschee, acquisizioni immobiliari, costruzione di scuole”. Poi ci sono i sostenitori della violenza: “I jihadisti non attaccano la Francia, come dicono i nostri cosiddetti esperti, per montare la popolazione contro l’altro e isolare i musulmani dal resto dei francesi (questo già avviene in una percentuale molto elevata), ma, al contrario, perché pensano di essere abbastanza forti e considerano la Francia troppo debole e incapace di confrontarsi con loro”.
Zemmour “giustizia”, come scriveva ieri le Point, la presidenza Hollande: “L’unica legge che hanno pensato che fosse degna di un ‘cambio di civiltà’ era il matrimonio tra persone dello stesso sesso”. Parla di una sinistra per la quale “la Francia è limitata al quartiere Marais, che ritiene che il carcere sia il problema e il colpevole una vittima, che il francese nativo debba adattarsi alla cultura dell’ultimo arrivato”. L’autore di “Suicide Français” invoca quindi una “emergenza morale”, perché “solo una rivoluzione culturale può permetterci di vincere la guerra di civiltà che si svolge sul nostro territorio”.
“Megafono delle ansie collettive”, come il Figaro lo definisce nell’anticipare il suo nuovo libro, “profeta del disastro annunciato” per le Point, in conclusione al nuovo libro Zemmour scrive che “la sinistra non ha esitato a definire lo stato di emergenza per la lotta contro i jihadisti che hanno bussato alla nostra porta. Abbiamo anche bisogno di dichiarare un’emergenza culturale per fermare, se c’è ancora tempo, l’invasione e la colonizzazione della nostra terra”. Una maledetta Cassandra sulfurea.