Tutti contro Merkel
C’è un mistero in Mecklenburg-Vorpommern. Se non ci sono immigrati, perché hanno votato massicciamente contro gli immigrati premiando la Frauke Petry von Raggi che ora pretende di sfidare la Mutti Merkel, mia passione segreta? Perché si sono emozionati e sono andati a votare con percentuali mai viste, determinando il sorpasso della Cdu nel collegio di casa della cancelliera? Io credo di saperlo. E’ quel che si dice un open secret, un segreto che non è un segreto. Ed è una causa riguardante tutti quelli che fanno questo nostro infelice mestiere e siedono ore davanti ai laptop per incamerare le notizie, al di là dei fatti.
Ecco. Al di là dei fatti. In Mecklenburg non ci sono immigrati. Non ci sono giungle urbane o inner city piene di miseria della globalizzazione. In questo che è uno dei sedici Länder tedeschi dopo la riunificazione, terra cinta dal mar Baltico a nord e a sud-ovest del fatale fiume Elba, no comunità popolose di arabi, pachistani, afghani, somali, eritrei, maliani, niente di niente. Eppure hanno messo nell’urna la loro rivolta radicale contro la Cancelleria che ha aperto le porte a un milione di profughi siriani appena l’altr’anno. “Wir schaffen das!”, aveva detto, ce la facciamo. In effetti non ci sono, lì come dove i brexiteers hanno portato al successo il magico adolescente Boris Johnson, cioè nelle Midlands industriali inglesi, non ci sono i volti dell’invasione, del rimpiazzo di popolo, dello spossessamento e della scristianizzazione portati dall’orda islamica e dagli invasori venuti dall’Asia e dall’Africa in tanta parte d’Europa. Niente di niente. Si insediano dappertutto, gli invasori, tranne che nel Mecklenburg e nelle Midlands.
Perché allora votano come votano, e portano via suffragi a tutti, dalla Merkel alla socialdemocrazia, fino ai neonazisti e ai Verdi? Ma è chiarissimo. Votano così perché vedono la televisione e i più informati seguono i siti web e magari leggono i giornali. Mai tanto pochi organi di stampa, più molti schermi, hanno mobilitato tanti cittadini orientandoli a una logica di difesa e di protezione anche quando non ci siano ragioni di fatto per approntare argini e blocchi d’urgenza. E’ come per il pacifismo rinunciatario contro il diritto di ingerenza politica e umanitaria: sei, direbbe il vecchio Sartori, quel che vedi. Se vedi gli effetti dei bombardamenti occidentali, scompaiono gli effetti delle invisibili atrocità talebane, saddamitiche, islamiste radicali, alauite. Le chiese distrutte sono pietre, i cristiani o gli yezidi perseguitati non si vedono, le schiave di Boko Haram sono nascoste. Quando, a parti rovesciate, abbiamo visto la piccola creatura turca ributtata dal mare su una spiaggia e raccolta da un operatore pietoso, fummo in grado di capire anche la frase fatale: “Wir schaffen das!”.
Il sistema mediatico crea nell’immediatezza, dunque in modo irriflessivo, primitivo, emozionale, l’opinione pubblica, e le corrisponde per ragioni deontologiche e commerciali mischiate. A Roma ormai non si sbaglia: il peggiore, di sinistra o grillino, Marino o Raggi, ce la fa alla grande, a condizione disponga dell’appoggio devoto del conformismo dei media. I barconi sulle coste italiane sono un fatto, lo vediamo tutti i giorni, l’accento non è sul salvataggio e sullo sbarco ma sul viaggio, sull’ombra dello straniero che si allunga sulla nostra pace.
La guerra in Iraq fu ritardata, condizionata, pesantemente modificata nei suoi scopi strategici, anche per il fatto di essere stata sottoposta a una specie di decisione politica internazionale mediata dall’impatto feroce dell’informazione di massa. Trump non ha speso una lira che sia una, e la sua campagna di fotte e di clamori, amplificata com’è dal bisogno dei media di pompare un outsider, diventerà il business migliore della sua vita. Con i media che abbiamo adesso, è da presumere che Hitler avrebbe impiegato meno tempo a realizzare la Machtergreifung e sarebbe rimasto al potere più a lungo, senza bisogno di infognarsi nella steppa russa.