In Austria si rinviano le elezioni ma la destra nazionalista festeggia
Berlino. “Difendere l’occidente, oggi come allora”. È questo lo slogan con cui l’Fpö commemora questa sera il 333esimo anniversario della vittoria degli austro-polacchi sui turchi: la battaglia di Vienna (11-12 settembre 1687) si rivelerà decisiva per mettere fine alla guerra austro-turca. Con la successiva Pace di Carlowitz – siglata nel 1699 fra la Lega Santa e l’Impero Ottomano – la Sublime Porta abbandonerà definitivamente le mire espansionistiche che avevano portato l’esercito di Mehmet IV fino alla capitale del Sacro Romano Impero. Per gli storici la battaglia di Vienna segna l’inizio del declino del sultanato: una ricorrenza troppo ghiotta per l’Fpö, che dello stop all’immigrazione (e all’accoglienza dei profughi mediorientali) ha fatto il proprio cavallo di battaglia, vincente.
Il Partito della libertà che fu di Georg Haider è in piena campagna elettorale: il suo candidato Norbert Hofer sfiderà al ballottaggio il verde Alexander van der Bellen. I due politici si contendono la presidenza della Repubblica: una carica per poteri e competenze analoga a quella detenuta da Sergio Mattarella ma confortata in Austria dall’investitura popolare. La festa nel centralissimo palazzo Ferstl, nel cuore della capitale, doveva tirare la volata alla corsa di Hofer. Gli austriaci si preparavano infatti a scegliere il prossimo capo dello Stato domenica 2 ottobre, ma l’imperfetto è d’obbligo: questa mattina il ministro degli Interni austriaco Wolfgang Sobotka ha annunciato l’intenzione del governo “di chiedere al Parlamento di posticipare l’elezione”.
La prossima data utile sarà il 27 novembre o il 4 dicembre e la ragione del non comune rinvio è che la colla usata per l’invio delle buste contenenti il voto per corrispondenza non fa il suo lavoro: i lembi non si appiccicano bene laddove la missiva deve arrivare nelle mani degli scrutatori del Viminale austriaco ben sigillata. Lo scrupoloso rigore con cui il ministero degli Interni austriaco vigila sul rispetto delle regole farebbe onore alla democrazia austriaca se non fosse che il voto del 2 ottobre rappresentava già un unicum nella storia della Repubblica alpina. Dopo aver sbaragliato al primo turno i candidati del centrosinistra, Hofer e Van der Bellen si erano già affrontati al ballottaggio a primavera. Lo spareggio era stato vinto per un’incollatura dal professore ecologista ma lo scorso 1 luglio la Corte costituzionale austriaca aveva accolto il ricorso dell’Fpö: troppe irregolarità, soprattutto nello spoglio del voto per corrispondenza, avevano inficiato il risultato, il voto di maggio era stato annullato e gli austriaci invitati a un nuovo turno di spareggio il 2 ottobre. Oggi il nuovo rinvio.
A palazzo Ferstl questa sera l’ultradestra austriaca potrà dunque celebrare la vittoria di ieri sui turchi ma anche alzare i calici all’ennesima figuraccia del centrosinistra. Il consociativismo fra socialdemocratici e popolari alla guida dell’Austria da decenni mano nella mano porta acqua al mulino dell’Fpö, un partito antisistema, anti-immigrati, anti tutto. Eppure anche l’Fpö non è del tutto immune dal male partitico: alla commemorazione storica della vittoria del re-condottiero polacco Giovanni III sul Gran Visir Kara Mustafa (che pagherà la sconfitta con la decapitazione) parteciperà oltre al leader dell’Fpö, Heinz-Christian Strache, anche il vicesindaco dello stesso partito, Johann Gudenus. A Vienna governa una coalizione rosso-verde ma, come secondo partito più votato, all’Fpö è stata assegnata la carica di vicesindaco. “E’ una carica del tutto formale, prevista dalla Costituzione federale”, spiega al Foglio uno dei portavoce del borgomastro socialdemocratico Michael Häupl. “Il signor Gudenus questa sera non rappresenterà il sindaco ma parteciperà all’evento del suo partito a titolo strettamente personale”.