Manca ancora una vera soluzione politica
Fossimo ancora ai tempi della Guerra fredda non ci sarebbero dubbi sulla tenuta dell’accordo America-Russia sulla Siria. Ma quei tempi sono finiti, le “proxy war” sono diventate un esercizio assai più complicato e, soprattutto, il pantano siriano non è più una semplice guerra ma è diventato il terminale di più conflitti sovrapposti, con diversi attori locali e regionali, dagli obiettivi militari e dalle strategie politiche difficilmente addomesticabili.
Non a caso finora tutti gli accordi di cessate il fuoco, che pure ci sono stati, non hanno mai retto; e si è riusciti al massimo a garantire qualche corridoio umanitario, solo per qualche giorno. Sulla carta, in realtà, quello siglato il 10 settembre sembra un buon accordo, in grado di ridurre il tasso di violenza e di alleviare quindi le sofferenze della popolazione civile. In mancanza però di una soluzione politica, la cessazione delle ostilità fra il regime e la sua opposizione armata servirà a ben poco. E finché Bashar el Assad si ostinerà a voler restare al potere – nonostante le sue mani macchiate di sangue – non sembra poter esserci spazio per un compromesso, stando a quello che l’opposizione siriana continua a ripetere da anni.
Difficile sarà poi l’implementazione del secondo parte dell’accordo, l’avvio cioè di una campagna aerea congiunta America-Russia contro lo Stato islamico e le altre formazioni qaidiste, in particolare Jabhat Fateh al Sham (Jfs), l’ex Jabhat al Nusra. Sul fronte nord, infatti, soprattutto nella regione di Aleppo, le brigate di Jfs combattono in stretto coordinamento con le altre – quelle del Free Syrian Army e di altri gruppi, ben radicati, di tendenza islamista ma non qaidista. Finora l’aviazione del regime e quella russa hanno sfruttato questa situazione ambigua per giustificare i loro bombardamenti a tappeto nella regione di Aleppo.
Con il nuovo accordo, invece, dovranno essere gli Stati Uniti a garantire la separazione dei “ribelli” buoni da quelli cattivi, in modo da non offrire pretesti al regime e ai suoi alleati. E infatti hanno già minacciato “conseguenze disastrose” se il grano non riuscirà subito a separarsi dal loglio, cosa che appare però se non altro complicata. La Russia dal canto suo dovrà garantire che il regime di Bashar el Assad non giochi sporco, provando ad approfittare militarmente della nuova situazione sul terreno. Come ha sempre fatto, finora.
Amedeo Ricucci è inviato Rai – Tg1
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