Perché non bisogna fidarsi di Putin e Assad
Nella tarda estate del 2011, il presidente Barack Obama dichiarava “illegittimo” il governo di Bashar el Assad e gli diceva che era tempo di “farsi da parte”. All’inizio dell’autunno del 2015, i funzionari americani ridevano schernendo l’inatteso intervento militare di Vladimir Putin in Siria, descrivendolo come un incidente in attesa di danneggiare la Russia. Oggi, il segretario di stato John Kerry ha legittimato a livello formale l’esercito di Assad delimitando le sue zone di combattimento, e ha accolto l’aviazione russa come un possibile partner in una guerra sempre più complessa e confusa contro lo Stato islamico e al Qaida, due organizzazioni terroristiche separate e in competizione. Quest’ultimo gruppo, inoltre, spesso si intreccia con i ribelli sostenuti dagli Stati Uniti.
"Se, e sottolineo il se”, ha detto Kerry, “se il piano è implementato in buona fede, questo può essere in momento in cui lo sforzo multilaterale sul tavolo diplomatico può prendere piede e dare al popolo siriano una transizione politica”. Il problema è che nessuno ci crede. “Se i russi faranno come l’ultima volta, in cui nonostante la fine delle ostilità continuarono a bombardare i ribelli antiregime dicendo che si trattava di ‘terroristi’, questo accordo cadrà in breve tempo”, ha detto il colonnello dell’aeronautica Rick Francona, oggi in pensione, un tempo attaché dell’ambasciata americana in Siria. Secondo quanto detto da Kerry, “un periodo sostanziale” di “violenze ridotte” sarà la prova del nove per avviare bombardamenti congiunti tra America e Russia. Questo periodo però non è per niente sostanziale. Basteranno sette giorni, a partire dal 12 settembre, e deve comprendere tutti i gruppi armati in Siria, eccetto al Nusra e lo Stato islamico.
Se tutto va come deve andare, ha annunciato Kerry, il 21 settembre inizieranno i preparativi per la formazione di un Joint Implementation Center (Jic) che comincerà con l’ospitare discussioni iniziali su quali territori siriano sono attualmente in mano a Nusra e ai gruppi di opposizione, e il risultato di questa discussione sarà controllato e certificato da esperti russi e americani non ancora nominati. Ma per Kerry, fare in modo che l’Esercito libero siriano sostenuto dall’America e altre decine di sigle di ribelli islamisti si liberino della loro associazione con al Qaida non sparino un colpo dal 12 settembre in avanti potrebbe essere la parte più facile dell’accordo. Non c’è garanzia che Putin e Assad possano, anche volendo, rispettare la loro parte del deal.
Michael Weiss è columnist del Daily Beast (estratto dell’articolo “Will the U.S.-Russia Deal Bring Syria Peace? Don’t Hold Your Breath”, apparso sul Daily Beast il 9 settembre)