Dàgli al cameronismo. Perché la May è spietata con il suo ex boss
Milano. Se vuoi, puoi provare a ricandidarti, ma intanto questo incarico non è più tuo. Con questa non-proposta, il governo inglese di Theresa May ha rimosso Rona Fairhead dalla direzione della Bbc, nonostante il governo precedente guidato da David Cameron avesse nominato la Fairhead fino al 2018. La Bbc non se la passa bene, si sa, ora ha anche perso uno dei suoi gioielli più popolari – “Great Britain Bake Off” – perché non poteva più permetterselo, e da tempo è allo studio una trasformazione dell’emittente che la renda finalmente competitiva. Ma la rimozione della Fairhead non ha soltanto a che fare con la vita accidentata della Bbc, anzi. Secondo quanto scrivono i giornali inglesi, la Fairhead è caduta perché era legata a Cameron, e la May sta facendo di tutto per eliminare il più possibile l’ombra del suo predecessore dal proprio mandato.
Rona Fairhead (immagine dal sito della Bbc)
I commentatori si divertono a fare “listicle” sui colpi che la May ha inferto a Cameron e al cameronismo, mentre i politologi cercano di capire se questo brutale allontanamento da quello che fu il capo di May quando lei era la sua ministra dell’Interno sia il frutto di un calcolo politico o di un mero regolamento di conti. Quel che è certo è che Cameron non ha intenzione di combattere questa battaglia (che quasi certamente perderebbe): si dimise a poche ore dall’annuncio della vittoria della Brexit e qualche giorno fa ha dichiarato di voler rinunciare anche alla carriera parlamentare. Per non essere d’ostacolo alla May, ha detto, ma le sue parole sono state abbastanza secche da far intendere un pizzico di risentimento.
L’accanimento nei confronti di Cameron è alto. I media sono pieni di ritratti dell’ex premier invero poco affettuosi, e a contribuire a un’immagine già offuscata è arrivato anche il report sull’intervento in Libia del 2011, dal quale Cameron esce malissimo. Sull’utilità di questi documenti postumi che servono soltanto a riaprire ferite antiche o ad alimentare conflitti politici sterili – come il report Chilcot sulla guerra in Iraq – ci sarebbe parecchio da discutere, ma a un Cameron già affranto dal collasso improvviso di carriera non servivano certo i titoloni in cui viene accusato di aver creato lo Stato islamico rimuovendo Muammar Gheddafi da Tripoli. Il tempo poi dirà se l’eredità di Cameron e del cameronismo sia così orrenda come sembra dalla lettura dei giornali odierni (lui intanto sigla un contratto d’oro per il suo memoir), ma che anche la May abbia contributo allo smantellamento è un dato di fatto.
David Cameron (foto LaPresse)
La dama della Bbc Fairhead – che al finto invito della May ha risposto dimettendosi – è soltanto l’ultima caduta in una campagna di pulizia mirata: il cancelliere dello Scacchiere George Osborne e il ministro della Giustizia Michael Gove sono stati allontanati (e il progetto educativo creato da Gove quando era ministro dell’Istruzione è stato completamente ribaltato con l’annuncio della riforma delle grammar school), come era anche piuttosto naturale. Osborne era il numero due di Cameron e Gove era il nemico numero uno della May, non potevano sopravvivere. Ma oltre a loro sono stati rimossi anche altri alleati di Cameron che occupavano posti meno visibili ma cruciali per la strategia del governo conservatore, così come molte promesse e iniziative prese dal governo non più tardi di pochi mesi fa sono state sospese se non ribaltate.
Il partito cerca una nuova traiettoria: con la decostruzione del cameronismo si dice addio all’ispirazione liberale e modernizzatrice del partito, all’austerità permanente, a una politica per la crescita ostinata. Ma la May aveva bisogno di togliersi di dosso il fardello Cameron, per un ovvio calcolo politico che riguarda anche il futuro del Regno Unito fuori dall’Europa, per rilanciare i Tory e perché in fondo lei, al cameronismo, non aveva mai creduto davvero.