Al Vertice di Bratislava
I leader europei ora schivano ciò che divide. Renzi ostenta freddezza
Bruxelles. Tra l’inaccessibile castello di Bratislava in cui sono stati rinchiusi e il battello “Regina Danubia” tempestato di cristalli Swarovski dove hanno pranzato, nel loro primo vertice informale dopo la Brexit, venerdì i leader della futura Unione europea a 27 hanno mancato un primo obiettivo: dare la parvenza di un’Europa più vicina ai cittadini. L’immagine di un’élite distaccata dal popolo potrebbe essere perdonata se, nelle loro discussioni, i 27 capi di stato e di governo avessero finalmente affrontato le grandi questioni che paralizzano l’Ue e la sua capacità di agire, anche a costo di far scoppiare bubboni politici. “Anche se un paese ha deciso di uscire, l'Ue rimane indispensabile per il resto di noi”, hanno detto i leader nella loro dichiarazione finale. Angela Merkel e François Hollande hanno messo in scena una conferenza stampa congiunta.
Ma, pur di poter dire “siamo tutti uniti”, hanno evitato di mettere in agenda ciò che divide: governance economica dell’euro, modifica delle regole di Dublino sull’asilo, accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, riforma dei trattati. Nemmeno la Brexit è stata inserita all’ordine del giorno ufficiale di Bratislava, rafforzando l’impressione di un’Ue infantile e vendicativa, visto che il club è formato ancora da 28 membri e il Regno Unito dovrà dare il suo assenso alle misure concrete contenute nella “road-map” approvata a Bratislava. “Il vertice ha visto alcuni passi avanti ma ancora è lontano” da ciò che è necessario dopo la Brexit, ha detto Matteo Renzi.
“Non sono soddisfatto delle conclusioni su crescita e immigrazione – ha detto il presidente del Consiglio italiano Renzi – Non posso fare una conferenza stampa con Merkel e Hollande non condividendo le conclusioni come loro”. “Siamo tutti d’accordo che oggi non è il momento dei grandi discorsi o di modificare i trattati, ma di risultati concreti”, ha detto la cancelliera tedesca. Il calendario elettorale – presidenziali in Austria a novembre, legislative in Olanda a marzo, presidenziali in Francia a maggio, elezioni federali in Germania tra un anno – paralizza l’Ue sulla Brexit, ma anche sugli altri temi politicamente esplosivi per le opinioni pubbliche nazionali. L’approfondimento dell’Eurozona è rinviato. La riforma del trattato è un tabù. Dublino è stata dimenticata. La ripartizione dei rifugiati è di fatto congelata. La resa dei conti sul Ttip, l’accordo di libero scambio Ue-Stati Uniti, è slittata. La road-map uscita da Bratislava è un elenco di cose utili, in particolare su immigrazione e sicurezza, ma che l’Ue si era già impegnata a fare. “Le solite cose”, ha detto Renzi.
I leader hanno promesso di rafforzare la frontiera tra Bulgaria e Turchia, di far partire la guardia di frontiera a dodici stelle entro la fine dell’anno e di firmare i Migration compact con i paesi terzi per accelerare i rimpatri. Nella lotta al terrorismo i servizi di intelligence coopereranno di più tra loro. Chiunque entrerà o uscirà dalle frontiere Ue – compresi i cittadini europei – sarà controllato nelle banche dati di Europol. Sull’economia, si è confermato il raddoppio del piano di investimenti Juncker a dicembre e si sono fatte le solite promesse su digitale e giovani. Nemmeno l’Europa della Difesa, che alcuni speravano di rilanciare approfittando dell’uscita dei britannici, ha trovato unanimi i 27.
I leader hanno dichiarato l’obiettivo di “rafforzare la cooperazione”. Francia e Germania hanno presentato una proposta congiunta. A dicembre è prevista l’adozione di un piano. Ma, in realtà, “ci servono un piatto riscaldato”, ha spiegato a l’Opinion Arnaud Danjean, europarlamentare francese esperto di questioni militari. La proposta di un “quartier generale” a Bruxelles per le operazioni comuni risale al 2003, quando venne bloccata dai britannici. I battaglioni comuni sono stati creati nel 2007, ma mai utilizzati. La Banca europea per gli Investimenti è reticente a modificare le sue regole per finanziare il settore. L’idea di una cooperazione rafforzata è vecchia e non piace ai paesi dell’Est che dipendono dalla protezione della Nato. “Non ho mai sentito parlare di esercito Ue, c’è un’incomprensione”, ha detto la presidente lituana, Dalia Grybauskaite: “Migliore cooperazione sulla difesa sì, ma non un esercito. Non possiamo sostituire o duplicare la Nato”.