Un nuovo test per la Merkel a Berlino, oggi più povera che sexy
Milano. Domenica i berlinesi andranno alle urne per eleggere il nuovo Senato cittadino. Da un anno e mezzo sono orfani del socialdemocratico Klaus Wowereit, il sindaco che coniò uno slogan per la capitale tedesca che le stava a pennello: “Povera ma sexy”. “Già, bellissimo. E poi è meglio essere ‘poveri ma sexy’, piuttosto che ‘ricchi ma impotenti, no’”, osserva lo scrittore russo-tedesco Wladimir Kaminer, raggiunto dal Foglio telefonicamente a Berlino. Kaminer, per questa Berlino (nella quale è arrivato alla fine degli anni Ottanta), spesso al centro dei suoi libri (“Russendisko”, “Berliner Express”), aveva preso addirittura in considerazione di candidarsi alle amministrative del 2011. “Solo che poi mi spiaceva cambiare un lavoro divertente come quello dello scrittore con uno noiosissimo”. Wowereit era un trascinatore e inizialmente anche un grande festaiolo. Non così il suo successore, l’attuale sindaco Michael Müller. “Certo, un pizzico di carisma in più non gli farebbe male”, osserva Ingo Schulze, altro scrittore di successo originario di Dresda.
Lo scrittore Wladimir Kaminer
Nonostante l’appeal da contabile del sindaco, il debito di 60 miliardi di euro che grava sulle casse della capitale tedesca, la difficile e a volte caotica gestione dei 50 mila profughi presenti in città, la penuria di alloggi e la favola infinita del mai terminato aeroporto Berlin Brandenburg, Müller ha ottime chance di essere riconfermato questa domenica alle elezioni amministrative della capitale. I sondaggi danno l’Spd al 22 per cento delle preferenze (nonostante il calo, come per tutti gli altri partiti) al primo posto, seguita da Cdu e Verdi, entrambi attorno al 18 per cento; infine la Sinistra con il 14 per cento, mentre i liberali dovrebbero riuscire almeno a superare la soglia di sbarramento del 5 per cento. Ma gli occhi e l’attenzione di tutti sono ovviamente puntati verso il partito nazional-populista Alternative für Deutschland (AfD), la preoccupazione maggiore della cancelliera Angela Merkel (molto più pericolosa del capo della Csu Horst Seehofer, il quale ora minaccia di presentare alle politiche del 2017, liste di candidati Csu in tutti i Länder, ben sapendo però che senza la Cdu lui non va da nessuna parte).
Secondo i sondaggi, l’AfD attualmente oscilla tra il 10 e il 15 per cento.
“E a Berlino non sfonderà”, dice sicuro Kaminer. “Qui non ci sono industrie di stato, in compenso la più alta concentrazione di liberi professionisti, creativi, gente abituata a usare la testa, a cavarsela da sola. E che non si affida certo agli imbonitori”. Ma a Berlino c’è anche una comunità di duecentomila tedesco-russi arrivati in gran parte dopo la caduta del Muro. Hanno sempre votato in blocco la Cdu (anche per gratitudine verso Helmut Kohl, che aveva concesso loro velocemente il passaporto tedesco). L’attuale corso di Merkel invece non lo condividono affatto: le sanzioni contro la Russia, la politica di accoglienza. Motivo per cui, riportava il quotidiano Die Welt, questa volta voteranno in massa AfD. “Non credo siano i profughi in sé a inquietarli”, dice Kaminer. Il motivo vero è che pensano che Merkel e la sua politica si siano eccessivamente socialdemocratizzate”. E in particolare la politica di accoglienza ricorda loro un’ideologia già vista e vissuta sulla propria pelle. “Quella della fratellanza tra i popoli che fratellanza, come si sa, non era affatto”.
Non ci sono solo i russo-tedeschi a voltare le spalle a Merkel. Anche i turchi naturalizzati non sembrano amarla più tanto, soprattutto dopo che il Bundestag ha definito ufficialmente il massacro degli armeni “genocidio”. Anche loro sembrano ora più propensi a votare AfD. “Io però starei attento a fare di tutt’erba un fascio”, ribatte Schulze, il quale individua il vero problema nei politici incapaci di relazionarsi con l’AfD e di capire i motivi del malcontento. Certo, mostrare il dito medio come ha fatto recentemente Sigmar Gabriel, il capo della Spd, può essere una reazione istintiva, ma di certo non quell’approccio costruttivo di cui c’è bisogno. “Tra i motivi del malcontento c’è il governo di grande coalizione. L’opposizione non conta quasi più nulla. Per anni tutto quello che arrivava da sinistra è stato criticato, rifiutato. Risultato? Oggi chi è contro e vuole far sentire la propria voce vota AfD”.
Il rifiuto della grande coalizione
Questo discorso vale per il governo della capitale così come per quello federale. Müller sembra averlo capito e ha già detto che lui non vuole una grande coalizione bis. Se i numeri lo permetteranno, cercherà un’alleanza con i Verdi, e qualora non bastassero i voti, farà entrare anche la Linke. Un desiderio, quello di rompere finalmente quest’unione forzata, che non è nuovo nemmeno a Merkel. E così, anche in prospettiva delle politiche del 2017, i media sono tornati a scrivere del desiderio segreto di Angela: alla Kanzlerin piacerebbe sperimentare un governo di coalizione con i Verdi. Soprattutto se la controparte fosse guidata dall’attuale governatore del Baden-Württemberg, Winfried Kretschmann. Il loro incontro un paio di settimane fa a Berlino ha dato adito a speculazioni in questo senso.
Schulze non vuole nemmeno ipotizzare un ulteriore governo Merkel. “Non l’ho mai votata e trovo pazzesco che si sia giunti al punto di credere che oggi l’unica cosa saggia da fare è difendere lo status quo. Bisogna fare l’esatto opposto se si vuole afferrare i problemi alla radice. Per esempio la speculazione finanziaria che causa l’impoverimento della gente, di intere comunità e stati, e che fa, piaccia o no, pendant con il fondamentalismo religioso”. Di altro avviso per quel che riguarda il futuro della Kanzlerin è Kaminer: “Io non la voto perché lei non ha bisogno del mio voto e così posso sostenere un partito più piccolo. Perché l’importante in democrazia è la pluralità delle voci. Detto questo, ho la massima ammirazione per lei. Quanti politici ci sono ancora in giro che hanno il fegato di difendere le proprie posizioni e decisioni? Non mi pare poi tanti. Per cui chapeau!”.
Dalle piazze ai palazzi