Le urne della città di Berlino incrinano la Grande coalizione di Merkel
Nella città-Stato di Berlino si chiude l'esperienza di Große Koalition tra socialdemocratici e democristiani. E' questo il verdetto che esce dalle urne della capitale tedesca, dove si è votato nella giornata di oggi. Secondo le ultime proiezioni realizzate dall'istituto demoscopico Infratest Dimap, i socialdemocratici del sindaco uscente Michael Müller si confermano primo partito nonostante le gravi perdite subite rispetto alla tornata precedente (21,6 per cento). Di vero e proprio tracollo, anche se annunciato, occorre invece parlare per l'unione cristiano-democratica, il cui candidato, Frank Henkel, ha raccolto il numero più basso di consensi nella storia politica di Berlino dai tempi della riunificazione (17,6 per cento). Entrambi i partiti popolari subiscono insomma una forte emorragia di consenso in favore delle opposizioni e in particolar modo dell'estrema sinistra della Linke (15,6 per cento), tradizionalmente forte nella zona orientale della città, del partito liberale (6,7 per cento) e della nuova destra dell'AfD (14,1 per cento). Mentre il movimento pirata abbandona definitivamente la scena politica tedesca (1,7 per cento), il partito ecologista si conferma forza che può aspirare al governo della capitale (15,2 per cento).
Complice l'estrema frammentazione determinata da un parlamento regionale in cui figurano ora sei partiti, uno in più rispetto al 2011, la grande coalizione non è più un'opzione praticabile. Accanto all'ipotesi di un cd. governo rosso-verde-giallo tra socialdemocratici, ecologisti e liberali, sul modello di quanto sperimentato in primavera in Renania-Palatinato, torna in auge l'opzione di un'alleanza cd. rosso-rosso-verde tra socialdemocratici, estrema sinistra ed ecologisti, finora inaugurata soltanto in Turingia, dove la Cdu ha perso il potere nel 2014. Se il sindaco socialdemocratico uscente dovesse scegliere di intavolare trattative con l'estrema sinistra, si aprirebbe un dibattito pubblico su una possibile coalizione di questo tipo anche a livello federale, per ora rimasta ampiamente tabù per gran parte della socialdemocrazia, la quale considera Die Linke un partito populista inadatto a ricoprire responsabilità di governo nazionale.
Certo è che, vista la forte frammentazione dello scacchiere partitico – che verosimilmente si ripresenterà anche tra un anno per le elezioni parlamentari – un'alleanza rosso-rosso-verde rappresenterebbe l'unica opzione percorribile dal centrosinistra per tornare al governo e battere la Cancelliera. Cancelliera che, dopo questa domenica, esce nuovamente sconfitta da un'elezione regionale nel giro di poche settimane. A differenza del Meclemburgo, dove la Cdu conserva responsabilità di governo nonostante il forte calo registrato a inizio settembre, a Berlino la sconfitta è molto più grave, visto che i cristiano-democratici dovranno sedere tra i banchi dell'opposizione e perderanno la propria rappresentanza al Bundesrat, la Camera alta. Anche in questo caso, come in Meclemburgo, è però difficile traslare le responsabilità locali a livello federale. A Berlino, che ha un elettorato tendenzialmente di sinistra, la Cdu non ha mai avuto un forte radicamento e l'esperienza di governo con l'Spd va considerata una parentesi. Senza contare che anche cinque anni fa, l'anno precedente le elezioni federali, la Cdu fece registrare risultati poco incoraggianti nei Länder e poi stravinse le politiche. Il trend mostra comunque che le grandi coalizioni alimentano la frammentazione e danneggiano quasi sempre il partito più piccolo della coalizione.