Putin riceve al Cremlino i vescovi guidati dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II (foto LaPresse)

Dentro la testa di Putin

Giulio Meotti
Parla Michel Eltchaninoff, studioso del Cremlino: “Per lui, l’occidente cadrà dopo la fase  di ‘complessità fiorente’. Così ha lanciato un’offensiva conservatrice ai russi e agli europei”.

La settimana scorsa il New York Times ha raccontato l’operazione finanziaria e culturale che ha portato il presidente russo, Vladimir Putin, fresco di una nuova conferma elettorale alla Duma, a mettere gli occhi e le mani su una chiesa nel cuore di Parigi. Si tratta di “Mosca sulla Senna”, la grande cattedrale ortodossa che sorgerà vicino alla Torre Eiffel, nel Quai Branly. “Questa chiesa è un avamposto dell’altra Europa, conservatrice e antimoderna, nel cuore del paese del libertinismo e del secolarismo”, ha detto al New York Times Michel Eltchaninoff, studioso francese e autore del libro “Dans la tête de Vladimir Poutine”, sul pensiero del presidente russo.

 

Redattore capo di Philosophie Magazine e autore di saggi su Dostoevskij, Eltchaninoff adesso è a colloquio con il Foglio per capire la “rivoluzione conservatrice” del presidente russo, che si basa sulla rinascita della cultura ortodossa isolata per secoli dalla civiltà europea e non scalfita dal soffio del Rinascimento e dell’Illuminismo.

 

Ne sono appena state vittime Pornhub e YouPorn, i più grandi siti pornografici al mondo, appena bloccati in Russia da una legge di Putin contro la pornografia. “Se diamo a voi ragazzi un abbonamento premium, ci toglierete il blocco in Russia?”, avevano domandato i dirigenti di YouPorn al Roskomnadzor, il servizio federale per la supervisione delle comunicazioni russo. “Ci spiace, non siamo sul mercato e la demografia non è un bene di scambio”, è stata la risposta del servizio federale.

 

“Al fine di stabilire la sua autorità sulla società russa, Putin, soprattutto dal 2013, ha plasmato una dottrina destinata a mobilitare l’intera società russa contro un occidente percepito come decadente”, dice Michel Eltchaninoff al Foglio. “Il Cremlino ha seguito da vicino il movimento di opposizione al ‘matrimonio per tutti’ in Francia e ha osservato le tensioni nell’Unione europea, con le crescenti preoccupazioni in materia di immigrazione non europea. Ha seguito la rivolta di molti intellettuali europei contro lo ‘spirito del ’68’ responsabile dei problemi attuali. Putin ha lanciato una offensiva conservatrice rivolta sia ai russi sia agli europei. Contro il presunto ‘politically correct’ occidentale, il presidente russo ‘chiama le cose con il loro nome’, a malapena nasconde la propria omofobia e il disprezzo contro la ‘debolezza’ occidentale. Contro la presunta amnesia europea rispetto al suo passato, Putin ha difeso le radici cristiane dell’Europa. Contro lo spirito modernista, Putin riafferma i valori tradizionali della famiglia, il patriottismo, l’obbedienza alla gerarchia. Con la costruzione di una immagine in gran parte fantastica di un’Europa dominata da minoranze attive ed entrata in decadenza, Putin offre il modello russo di stabilità politica e il conservatorismo sociale e morale. Da quando è tornato alla presidenza nel 2012, Putin ha detto che molti dei paesi euro-atlantici rigettano le loro radici, tra cui i valori cristiani che costituiscono la base della civiltà occidentale, lamentandosi del fatto che, secondo lui, per citare un suo discorso a Novgorod, questi paesi ‘stanno negando i princìpi morali e le identità nazionali, culturali, religiose e anche sessuali. Essi stanno attuando politiche che equiparano le famiglie a partner dello stesso sesso, la fede in Dio con la fede in Satana. La gente in molti paesi europei è in imbarazzo o ha paura di parlare delle proprie affiliazioni religiose. In opposizione al relativismo, al declino culturale, all’invasione di Internet, alla correttezza politica, all’amnesia, al masochismo democratico e alla debolezza di fronte delle minoranze, Vladimir Putin promuove una educazione morale basata sui valori cristiani, una cultura classica e libresca, il patriottismo, il militarismo e la rispetto della gerarchia. Secondo lui, in sostanza, l’Europa è entrata in una fase di decadenza, mentre la Russia è in una fase ascendente della sua storia”.

 

Una delle più suggestive personalità della Russia del secolo scorso, Konstantin Leont’ev, il “Nietzsche russo” nonché autore di riferimento di Putin, osservava che Bisanzio sopravvisse alla caduta dell’impero romano d’occidente per mille anni. “Quasi tutti gli scrittori occidentali ebbero e mostrarono a lungo predilezione o per il repubblicanesimo, o per il feudalismo, o per il cattolicesimo e il protestantesimo”, scriveva Leont’ev. “Perciò Bisanzio, autocratica, ortodossa e per nulla feudale, non poteva ispirare loro la minima simpatia”. Caduta Roma nel 476, la “seconda Roma”, Bisanzio, estese di diritto, nel nome di Dio, la sua insindacabile sovranità su tutti i popoli. L’impero bizantino conobbe nei secoli espansioni e ripiegamenti: il suo asse si spostò dal Mediterraneo all’Eurasia, e divenne un impero soltanto greco, che si restrinse alla città di Costantinopoli e al Peloponneso. La Russia di Putin oggi si immagina come la “terza Roma”.

 

“Putin si basa sul modello pseudo-scientifico di Konstantin Leont’ev, e su uno dei concetti più famosi di cui Vladimir Putin è appassionato: quello della ‘complessità fiorente’. Secondo il filosofo russo, che aveva una posizione anti-europea e anti-borghese, ogni civiltà, dopo un periodo di semplicità originale, raggiunge il suo apice in un’epoca di fiorente complessità, per poi diminuire in un periodo di semplificazione e confusione. Per Leont’ev, sempre a partire dal Rinascimento, l’Europa ha cessato di far nascere santi e geni, e ha generato solo ingegneri, parlamentari, professori. Ha reso tutto uniforme, attraverso la sua modalità di sviluppo e il suo conformismo. Ma è anche confuso. I suoi abitanti sono persi, non sanno più come dare senso alla loro vita. Essi si dimostrano incapaci di percepire un principio superiore ispiratore. Ma per lo stesso Putin, la ‘complessità fiorente’ può essere possibile solo sotto la direzione attenta di uno stato che mobilita e unifica forze potenti”.

 

Come fa la Russia a configurarsi come alternativa al liberalismo dopo la caduta del comunismo? “In Russia, ‘liberale’ è usato in senso peggiorativo, nei media ufficiali, per designare l’opposizione all’autoritarismo del Cremlino”, dice Eltchaninoff al Foglio. “Putin ha anche usato il termine esplicito ‘quinta colonna’ per mettere sotto accusa i seguaci politici della democrazia occidentale. Boris Nemtsov, assassinato nel febbraio 2015, era nella lista di quelli considerati ‘nemici della Russia’. Per capire come la Russia di Putin sia diventata un’alternativa alla democrazia occidentale ‘liberale’, dobbiamo tornare alla lotta, che non è mai cessata, anche durante il periodo sovietico, tra un ‘partito russo’ contrario all’occidente e un movimento più aperto a Europa e Stati Uniti. Gli slavofili sovietici e post-sovietici ritenevano che lo sviluppo della Russia dovesse seguire un percorso specifico”.

 

Nel 1941, Stalin riuscì a eliminare la chiesa come istituzione pubblica. Ogni monastero e seminario venne chiuso. Con la caduta del comunismo, la chiesa ha iniziato a ricostruire la sua vita istituzionale devastata. Il numero delle parrocchie è cresciuto dalle settemila di vent’anni fa alle trentamila di oggi. La Russia di Putin sta tornando al vecchio concetto bizantino di “symphonia”, un approccio in cui chiesa e stato collaborano. “La chiesa ortodossa russa, sottoposta al potere durante il periodo sovietico ufficialmente ateo, ha sperimentato una ripresa impressionante dalla Perestroika. Le cerimonie del millesimo anniversario del ‘Battesimo della Russia’ nel 1988 sono state accompagnate da una riscoperta religiosa dei giovani. Negli anni Duemila, il Patriarcato di Mosca poteva considerarsi la vera autorità morale del paese. Ma l’irrigidimento del Cremlino nel 2004, e la concentrazione del potere nelle mani di Putin, ha cambiato questo. Oggi, il Patriarcato di Mosca professa la dottrina ufficiale dello stato russo. Mentre la chiesa ortodossa esprime una teologia mistica, il patriarcato è diventato un ausiliario del putinismo”.

 

Da Dostoevskij a Solzenitsyn, c’è una lunga tradizione russa di conservatorismo. Nei “Fratelli Karamazov”, Dostoevskij fa negare proprio a Ivan Karamazov, l’intellettuale rivoluzionario e laico, il principio della separazione fra stato e chiesa. “Oggi il ritorno al conservatorismo in Russia è in gran parte funzionale”, ci dice Eltchaninoff. “I grandi pensatori e scrittori citati da Vladimir Putin durante i suoi discorsi sono usati per fini ideologici. Dostoevskij è un pubblicista anti-occidentale nel suo ‘Diario di uno scrittore’ e il primo romanziere russo del caos della modernità. Putin cita anche Nicolas Berdjaev. Il conservatorismo attuale eredita parte di una tradizione intellettuale russa. Ma è più lo sfondo ideologico a una politica anti-occidentale”.

 

Quali sono oggi i rapporti fra la Russia e l’islam? “L’islam in Russia è endogeno dall’occupazione del paese da parte dei Mongoli del XIII secolo. I musulmani in Russia sono ben radicati. L’islam è ufficialmente considerato una ‘religione tradizionale’ russa (a differenza del cattolicesimo). Putin ama così vantare un ‘islam russo’. Egli suggerisce che spesso la chiesa ortodossa è più vicina nei suoi valori – sottomissione a Dio, obbedienza all’autorità, etica tradizionale, anti-consumismo e anti-decadenza – a un musulmano che a un modernista occidentale. Ricordiamo la grande manifestazione anti-Charlie Hebdo organizzata dal presidente ceceno Kadyrov in accordo con Putin dopo gli attacchi di Parigi. Tuttavia, Putin condanna con forza l’islamismo che equivale sistematicamente al wahabismo venuto dall’Arabia Saudita. Qualsiasi manifestazione islamica che si oppone a Mosca (ad esempio, tra i ribelli ceceni) è trattata come un prodotto estero pericoloso. Quindi per il Cremlino c’è un ‘buon islam’, nazionale, conservatore e fedele a Mosca, e un ‘cattivo islam’ che viene dall’estero”.

 

Lei ha scritto che il punto di svolta per Putin è stato il massacro di Beslan, la scuola in Ossezia presa in ostaggio dai terroristi islamici. “Nel 2004, la cristallizzazione conservatrice di Putin avviene dopo la tragedia di Beslan”, prosegue Eltchaninoff al Foglio. “Putin è un erede del sovietismo. Trascorse i primi quaranta anni della sua vita in Unione Sovietica. Questo lo ha portato a essere fortemente influenzato da certi valori, il patriottismo, il militarismo, il complesso di superiorità di una grande potenza. Ha servito nel corpo d’élite della nazione: il Kgb, che divenne l’Fsb dopo il 1991. Tuttavia, Putin non ha mai creduto al modello comunista di economia di stato o di società senza classi. Egli quindi non intendeva, quando è salito al potere nel 1999, riabilitare il sovietismo. Durante il suo primo mandato presidenziale, dal 2000 al 2004, Putin ha adottato una posizione liberale. Gli piaceva citare Immanuel Kant, e dire che la Russia era parte dell’Europa. Voleva che la Russia vivesse secondo gli ‘standard’ occidentali. Si era presentato come il leader che avrebbe riportato la stabilità e la prosperità, anche a livello nazionale, e ripristinare il prestigio perduto della Russia a livello internazionale. Dal 2004, una serie di eventi ha iniziato a incidere su questo discorso di modernizzazione friendly. Si convinse che la Russia era il bersaglio di una ostilità attiva per conto dell’occidente. I ceceni separatisti a Beslan presero in ostaggio la scuola in una piccola città del Caucaso russo. Dopo un intervento delle forze speciali russe condotto in modo violento e caotico, 344 persone morirono, tra cui 186 bambini. Due settimane dopo, Putin fece un discorso molto conservatore. In primo luogo, Putin invitò le religioni a combattere l’estremismo. Poi Putin fece della chiesa ortodossa russa il suo alleato per ‘moralizzare’ il popolo. Questo ha segnato un primo spostamento verso il conservatorismo. Dopo il periodo di presidenza Medvedev (2008-2012), Vladimir Putin ha intensificato alcune tendenze che erano già visibili nei suoi primi due mandati: il conservatorismo aperto di fronte a un mondo occidentale che ha percepito come decadente e che recideva le sue radici cristiane; l’affermazione di una specificità russa che doveva essere difesa a tutti i costi contro l’ostilità dell’occidente; l’accelerazione del progetto di un’Unione eurasiatica. La profonda convinzione di Putin è infatti, come egli ammetterà anni dopo, che ‘l’uomo non può vivere senza i valori morali’. Dal 2005 a dicembre 2014, Putin ha fatto regolarmente riferimento a Ivan Ilyin (1883-1954), un filosofo russo emigrato in Europa, violentemente anticomunista e antidemocratico. E’ appassionato di Lev Gumilev (1912-1992), che ha difeso le teorie eurasiatiche durante il periodo sovietico. Il risultato è un’ideologia multiforme, i cui fili comuni sono l’idea di impero e l’ostilità verso l’occidente. In termini teorici, Putin ha alternato l’esaltazione della russicità ortodossa del paese e la celebrazione della sua essenza multi-etnica e multi-confessionale. Loda l’armonia che regna tra le popolazioni ortodosse del paese e i suoi quindici milioni di musulmani. I teorici dell’Eurasiatismo sostengono che ci sia un ‘terzo continente’ tra l’Europa e l’Asia, una Eurasia che è un’unità coerente, in termini di clima, vegetazione, lingue e geografia, e che riunisce ortodossi, slavi, musulmani e buddisti. Tuttavia, secondo il presidente russo, questa diversità interna può prosperare solo nel quadro di un forte stato. In queste condizioni, la Russia può anche essere un modello per il mondo. Come diceva Putin già nel 2003, ‘la Russia, come un paese eurasiatico, è un esempio unico di dialogo tra le civiltà culturali’. Putin e alcuni dei suoi più stretti consiglieri ritengono che l’Europa occidentale sia un fallimento. Secondo loro, gli stati europei sono aperti a tutte le migrazioni e non sono in grado di opporre resistenza al veleno dell’islamismo, o quello che vedono come un invasione musulmana. Per quanto riguarda i loro cittadini, sono visti come consumatori senza cervello e superficiali che hanno perso il loro senso di patriottismo e di aspirazione a grandi ideali”.

 

Chi consiglia più spesso Putin? “A parte i consiglieri che scrivono i suoi discorsi, Putin ha un paio di persone del suo entourage che potrebbe rivendicare il titolo di ideologi. Uno è Vladimir Yakunin. Ha conseguito un dottorato in Scienze politiche, è il presidente della società Ferrovie Russe, è molto vicino al presidente, e organizza convegni intellettuali sul tema del ‘dialogo delle civiltà’. Coltiva un’immagine estremamente religiosa, e va a Gerusalemme ogni anno per il servizio di Pasqua, al fine di riportare la fiamma del ‘fuoco sacro’. Finanzia e organizza ‘tour’ di reliquie in Russia. Guida una rinascita religiosa e morale in Russia. Infine, mentre non sono i politici, altri due uomini influenzano il pensiero del presidente russo. Nikita Mikhalkov, il regista, ha incarnato il rinnovamento di una ‘Russia bianca’ in seguito alla caduta del comunismo. Putin poi ha presumibilmente un confessore, padre Tichon Shevkunov”.

 

Continua Eltchaninoff: “Putin ha cercato di risvegliare due emozioni nei suoi concittadini: l’orgoglio in un ritorno alla grande Russia che può annettere la Crimea a dispetto del diritto internazionale; e la sensazione di vivere in una fortezza assediata”. Una riscossa che, secondo i piani del Cremlino, passa anche da una cattedrale nel cuore di Parigi. Ribattezzata, dall’ex ministro della Cultura francese Frederic Mitterrand, “San Vladimir”. Al culmine della Guerra fredda, gli americani erano soliti chiamare l’Unione Sovietica “l’impero ateo” che sarebbe crollato perché aveva eliminato la religione. Dopo vent’anni di putinismo, è il Cremlino occupato da un ex ufficiale del Kgb e battezzato in gran segreto a lanciare la stessa accusa di ateismo all’occidente. Oggi la chiesa ortodossa russa ha persino un emissario per le relazioni con i cristiani americani, il vescovo Hilarion Alfeyev, che in un suo recente viaggio negli Stati Uniti ha anche incontrato l’ex presidente George W. Bush. E’ questa, conclude Michel Eltchaninoff, la scommessa di Putin: “Far credere che la Russia sia oggi un polo anti-decadente e conservatore in Europa e nel mondo”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.