I partiti di Lula e Temer spazzati via: ecco come si presenta al voto il Brasile dopo le Olimpiadi
Alle amministrative del 2 ottobre vanno alle urne 144 milioni di cittadini. Dopo gli scandali giudiziari e i giochi olimpici sono cambiate moltissime cose nello scenario politico del paese.
In Italia la politica si accapiglia sulle Olimpiadi che non si faranno, ma intanto Rio de Janeiro sta per andare al voto dopo i Giochi che si sono appena conclusi. E il risultato sarebbe una polarizzazione tra evengelici, estrema destra ed estrema sinistra, che spazzerebbe via tutto l’attuale quadro politico, dal Partito dei Lavoratori (Pt) di Lula e Dilma Rousseff, al Partito del movimento democratico brasiliano (Pmdb) dell’attuale presidente Temer, che prima li ha appoggiati e poi gli si è rivoltato contro; passando per i principali partiti dell’opposizione storica al lulismo, in particolare i socialdemocratici dell’attuale ministro degli Esteri José Serra.
Non vota in realtà solo la metropoli carioca. Il 2 ottobre sono 144 milioni i brasiliani chiamati alle urne per il primo turno delle municipali, con 5.568 municipi interessati, tra cui 26 capoluoghi degli stati federati. E neanche la gestione piuttosto avventurosa dei Giochi che si sono tenuti dal 5 al 21 agosto è l’unico tema che tocca gli elettori: il 31 agosto l’impeachment del Senato ha sostituito alla presidenza Dilma Rousseff con Michel Temer e il 20 settembre il giudice Sérgio Morio ha rinviato a giudizio Lula, assieme a sua moglie Marisa Leticia e al presidente dell’“Istituto Lula”, Paulo Okamotto. Motivo: la casa al mare di tre piani che il gigante delle costruzioni Oas gli avrebbe dato in cambio di contratti con la società petrolifera di Stato Petrobras. “Lo hanno fatto perché avevano paura che si candidasse alla Presidenza nel 2018”, ripete Lula nei comizi in cui sta cercando di sostenere il Pt. Ma il fatto che invece Dilma non si faccia troppo vedere in giro dimostra come in realtà gli stessi militanti petistas, pur difendendola per ragioni di principio, ammettano ormai che l’ex presidente era la persona sbagliata al posto sbagliato.
Lula da Silva e la moglie Marisa Leticia (foto LaPresse)
Anche se Lula appare momentaneamente in testa nei sondaggi tra i pre-candidati per il 2018: tra il 28 e il 29 per cento delle intenzioni di voto, contro il 15-19 di Marina Silva, l’11-18 dei tre possibili candidati del Psdb e il 7 per cento di quel Jair Bolsonaro, che per le sue truci dichiarazioni nostalgiche del regime militare, oltre che a favore di pena di morte, castrazione chimica per gli stupratori, tortura per i narcotrafficanti e diritto dei proprietari di usare il fucile, si è già guadagnato il soprannome di “Donald Trump brasiliano”. Ma gli stessi sondaggi suggeriscono che al secondo turno perderebbe senza rimedio: sia contro Marina Silva sia contro chiunque dei tre del Psdb. Senza aspettare il 2018, però, già il 2 ottobre solo in due dei 19 capoluoghi statuali dove ha presentato un candidato a sindaco il Pt è in testa. C’è poi un petista che lotta testa a testa per il primo posto in quella Porto Alegre che nel Rio Grande do Sul fu il fiore all’occhiello del petismo di governo locale, prima che Lula diventasse presidente; uno che è secondo a Recife, a Pernambuco dove è nato l’ex presidente.
Jair Bolsonaro (immagine di Youtube)
Per il resto sono tutti tagliati fuori, soprattutto dagli stati di Rio de Janeiro, San Paolo e Minas Gerais. In quest’ultimo, in particolare, nel capoluogo Belo Horizonte andrebbero al ballottaggio il candidato del Psdb e l’imprenditore Alexandre Kalil, ex-proprietario della squadra di calcio dell’Atletico Mineiro, con un partitino fai da te e appoggiato sia dalla “Rede” di Marina Silva che dai verdi. L’uomo del Pt arranca tra l’1 e il 4 per cento. A San Paolo è invece in testa con il 27-33 per cento Celso Russomanno, un giornalista conduttore di un popolarissimo programma tv in difesa dei consumatori, che nel 2014 fu il secondo deputato più votato nella storia del Brasile e che corre col Partito repubblicano che si proclama liberale ma che è notoriamente legato a una potente chiesa pentecostale. Dietro di lui si contendono il secondo posto la candidata del Pmdb e quello del Psdb, su una forchetta del 19-21 per cento. Il candidato del Pt è fermo tra il 7 e il 9.
A livello nazionale, dunque, la crisi è soprattutto quella del Pt. Ma a Rio l’ondata di protesta appare tale da investire sia il Partito dei lavoratori, sia il Partito del movimento democratico brasiliano. Marcelo Crivella, in testa con il 29-31 per cento, è leader del Partito Repubblicano: ingegnere, scrittore, cantante gospel e vescovo della pentecostale Chiesa Universale del Regno di Dio. Contro il predicatore, al ballottaggio arriverebbe col 9-11 per cento Marcelo Freixo, giornalista, professore, e soprattutto esponente di quel Partito Socialismo e Libertà (Posl) che si staccò dal Pt dopo che Lula divenne presidente, accusandolo di “mafioso” e “venduto al capitalismo”. Ma con una forchetta tra il 6 e l’11 all’ultimo momento per il secondo posto potrebbe superarlo Flávio Bolsonaro, anche lui protestante, esponente del Partito Social Cristiano, e soprattutto figlio del “Trump brasiliano”.
I conservatori inglesi