Cosa c'entra la Brexit col referendum svizzero sui transfrontalieri
Il voto del referendum ticinese di domenica non tocca solo la condizione dei lavoratori transfrontalieri italiani ma rischia di complicare anche il negoziato in corso da anni tra Svizzera e Unione europea. Non è la prima volta che il popolo elvetico si esprime per via referendaria a favore di una chiusura delle frontiere. Era già successo nel febbraio del 2014, quando il paese aveva chiesto di ristabilire un regime di quote all'accoglienza dei migranti in deroga al principio della libera circolazione delle persone. All'epoca il referendum fu promosso dal Partito popolare svizzero, "contro l'immigrazione di massa": vinse il "sì" con il 50,3 per cento dei voti. Una marcia indietro rispetto a quanto stabilito dal governo tra il 1999 e il 2002, quando Berna e Bruxelles siglarono una serie di accordi bilaterali sulle forme di cooperazione tra Svizzera e Ue. Ciascuno dei sette protocolli d'intesa sottoscritti è ancora oggi strettamente legato agli altri per via della cosiddetta "clausola della ghigliottina", secondo cui la violazione di un accordo comporta implicitamente il venir meno di tutti gli altri. L'intesa raggiunta sulla libera circolazione delle persone, per esempio, è legata a quella sulle barriere al commercio, all'agricoltura, ai trasporti, all'aviazione civile, alla ricerca scientifica. Se ad oggi il governo elvetico non ha ancora recepito l'esito del referendum del 2014 modificando la Costituzione federale è perché Berna teme ritorsioni di Bruxelles che vadano a intaccare altri settori sensibili per l'economia svizzera, quarto paese al mondo per importazioni di prodotti Ue dopo Stati Uniti, Regno Unito e Cina.
Dal 2014 Bruxelles tenta di convincere Berna a stipulare un trattato unico più armonico e coerente, che vada oltre il sistema delle intese bilaterali. Se gli svizzeri rifiuteranno di fare un passo verso l'Ue, quest'ultima minaccia di non sottoscrivere nuovi accordi. Berna è già sotto pressione per l'esito del referendum del 2014 e ora quello del Canton Ticino, che pure non ha conseguenze immediate, rischia di peggiorare le relazioni. "Prendiamo nota del voto di ieri che a quanto ci risulta necessita di un'approvazione da parte del governo federale. L'Ue e la Svizzera sono impegnate in intensi colloqui da mesi, per trovare una soluzione su come implementare il voto popolare svizzero sulla libertà di movimento in un modo che rispetti gli obblighi previsti dall'accordo sulla libertà di movimento. Il voto di ieri non renderà affatto più facili i negoziati, che già sono complicati", ha detto il portavoce capo della Commissione europea, Margaritis Schinas. "Dopo la visita a Zurigo del presidente Jean-Claude Juncker, le due parti si incontreranno ancora alla fine di ottobre e quella sarà un'altra opportunità per affrontare il voto di ieri e le sue potenziali conseguenze", ha continuato Schinas.
Juncker, ha ricordato ancora il portavoce, "ha sempre messo in chiaro che le quattro libertà (di circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali, ndr) sono inseparabili e, nel contesto svizzero, questo vuol dire che la libera circolazione delle persone è fondamentale". E ancora: "Tutte le eventuali soluzioni con la Svizzera richiedono l'accordo della Commissione e l'approvazione unanime di tutti gli stati membri: abbiamo ancora un lungo cammino prima di arrivare a quel punto", ha concluso Schinas.
Le tensioni tra l'Ue e la Svizzera potrebbero avere ripercussioni anche sull'altro grande negoziato ancora in corso, quello sulla Brexit. Secondo un rapporto pubblicato dalla società di consulenza Teneo qualche settimana dopo il voto per l'uscita del Regno Unito dall'Ue, Londra guarda con attenzione l'esito dei negoziati con Berna, considerato che in molti, soprattutto oltremanica, auspicano una soluzione della Brexit “alla svizzera”. Ad oggi, lo status del paese elvetico è quello che i negoziatori britannici contano di ottenere per il Regno Unito al termine dei negoziati: un paese formalmente fuori dall'Area economica europea ma con intese bilaterali su libero mercato e libertà di movimento per le persone. Ma a Bruxelles sono piuttosto cauti e il messaggio inviato a Berna è simile a quello che da tempo è stato comunicato a Londra: le quattro libertà fondamentali incluse nel pacchetto che l'Ue offre non sono vendibili separatamente.