Derive sinistre
Scoppia la rivolta tra i socialisti spagnoli contro l'oltranzista Sánchez
Roma. Il Partito socialista spagnolo da tre giorni è dilaniato da una guerra civile tra gli intransigenti sostenitori di una linea populista e una componente più moderata che cerca soluzioni per sbloccare la paralisi politica del paese. Mercoledì notte un tentativo di colpo di mano da parte dei moderati, che si sono dimessi in massa dall’organo di governo del partito per provocare l’estromissione del segretario, ha portato a uno scontro aperto tra le due fazioni, con Pedro Sánchez che, come un re detronizzato, assiste asserragliato nel palazzo di calle Ferraz, sede socialista di Madrid, alla frantumazione del suo partito. I socialisti ribelli accusano Sánchez di aver condotto il Psoe alle quattro peggiori sconfitte elettorali della sua storia (due elezioni politiche e due elezioni locali, l’ultima giusto domenica scorsa), e soprattutto contestano al segretario una linea di intransigenza che ha fatto del Psoe il responsabile effettivo della paralisi politica della Spagna.
Contro il consiglio della maggioranza dei dirigenti socialisti (tra cui il vecchio patriarca Felipe González, che mercoledì ha detto che Sánchez gli ha mentito sulla sua strategia politica, provocando parte dei tumulti interni, e la potente leader andalusa Susana Díaz), dell’establishment europeo e contro il volere degli spagnoli, Sánchez da mesi impedisce la formazione di un governo di minoranza guidato dal leader del Partito popolare, Mariano Rajoy, e cerca al suo posto alleanze numericamente difficili e politicamente sconvenienti con gli anti sistema di Podemos. Mercoledì notte, la congiura di palazzo dei ribelli ha fallito l’obiettivo di estromettere Sánchez e affidare il partito a un garante. Il segretario ha resistito all’attacco, si è trincerato con la metà del partito che ancora gli è fedele a Ferraz e ha indetto primarie e un nuovo Congresso tra ottobre e novembre, per schiacciare la rivolta. La guerra è diventata farsa giovedì mattina, quando l’uno e l’altro schieramento hanno iniziato ad autonominarsi “l’unica autorità nel partito”, mentre le guardie di sicurezza impedivano su ordine di Sánchez l’ingresso dei ribelli nel palazzo, ma a quel punto il danno era ormai irreversibile. La storica formazione della sinistra spagnola è a pezzi, distrutta dall’intransigenza e dall’incapacità di stringere alleanze del suo leader.
Anche Francis Underwood ha consigli per il leader socialista su come sedare la rivolta interna
Giovane speranza del riformismo europeo al tempo della sua nomina due anni fa, Sánchez oggi ricorda piuttosto Jeremy Corbyn, segretario del Labour britannico che giusto in questi mesi ha affrontato (e in questo caso debellato) una rivolta senza precedenti della componente moderata del suo partito. Le premesse erano differenti: Corbyn è da sempre un membro della sinistra oltranzista, mentre Sánchez è diventato solo di recente un “dissennato senza scrupoli”, come lo ha definito giovedì il País in un editoriale durissimo. Il risultato, tuttavia, rimarrà lo stesso: tanto il Labour inglese quanto il Psoe spagnolo, presi dal virus dell’oltranzismo, rischiano di affrontare un lungo deserto elettorale.
Dall’alto della sua criticata strategia dell’attendismo, il popolare Mariano Rajoy vede così il cadavere del suo ultimo nemico trasportato dalla corrente del fiume. Dopo aver assistito alle divisioni interne a Podemos e alla crisi elettorale di Ciudadanos, la guerra civile tra i socialisti può significare lo sblocco di una situazione politica impantanata da quasi un anno. I socialisti hanno un mese esatto per districarsi nelle lotte tra moderati e oltranzisti: il 31 ottobre, dice la Costituzione, inizia la campagna elettorale per la terza elezione in un anno.