Turbolenze da Brexit
Milano. La sterlina ieri è crollata dopo che Theresa May, premier britannico, ha detto che attiverà nel marzo del 2017 l’articolo 50 del Trattato di Lisbona (che apre i due anni di negoziato con l’Unione europea sulla Brexit), dopo che ha annunciato l’introduzione del “Great Repeal Bill” al posto dell’European Communities Act 1972 (il provvedimento ha un nome terribile, ma non “revoca” nulla: tutta la legislazione europea rientrerà in quella inglese, poi il Parlamento deciderà cosa modificare. Avrebbero dovuto chiamarla “legge per la continuità”, hanno scritto alcuni commentatori) e dopo che ha lasciato intendere, sempre con molti giri di parole, che propende per la cosiddetta “hard Brexit”. La sterlina è scesa al minimo degli ultimi tre anni rispetto all’euro e al livello più basso da luglio ad adesso rispetto al dollaro, ma poiché ognuno prende in considerazione soltanto i numeri che meglio rispecchiano la sua idea di mondo, i falchi della Brexit hanno contrapposto al crollo della valuta i dati sulla manifattura del Markit/CIPS, che registrano un’espansione dettata proprio da una sterlina più debole che risulta invitante per gli ordini dall’estero.
Gli effetti dell’uscita dall’Ue non sono ancora quantificabili ma generano grande instabilità e nervosismo e le modalità del negoziato con Bruxelles spaccano non soltanto il governo britannico con i suoi interlocutori europei, ma anche i membri dell’esecutivo e i Tory. Ieri alla conferenza del partito a Birmingham, aperta domenica da una sorridente May, è salito sul palco il cancelliere dello Scacchiere, Philip Hammond, che è considerato tra i cauti nel governo sulla Brexit e che ha di fatto ridimensionato il trionfalismo dei “falchi”: il surplus per il 2020 previsto dal suo predecessore, George Osborne, non ci sarà, e con tutta probabilità ci sarà uno stimolo fiscale, a dimostrazione del fatto che l’economia inglese ha bisogno di essere sostenuta sotto il peso della Brexit.
In un discorso piuttosto noioso, il cancelliere dello Scacchiere Hammond ha detto che la Brexit causa e causerà “turbolenza” e che la fiducia degli investitori sarà “un po’ come sulle montagne russe”. Ora i mercati sembrano “calmi”, ha detto, ma l’instabilità continua a generare sfiducia, e quindi, se il surplus di bilancio resta un target, non può essere un target immediato – Hammond non ha precisato a quando l’obiettivo di pareggio è rimandato, potrebbe farlo nell’Autumn Statement previsto per il 23 novembre. I falchi fiscali à la Osborne sono superati, ora ci sono i conservatori pragmatici: “Il popolo inglese ci ha eletto perché restaurassimo la disciplina fiscale – ha detto il cancelliere – e lo faremo, ma in un modo più pragmatico che riflette la situazione in cui siamo oggi”. Nel pragmatismo ci sono investimenti per sostenere la crescita e la produttività, ma mentre i commentatori si dividevano in due gruppi, da una parte chi sostiene che Hammond è un paladino della “hard Brexit” come il suo capo, dall’altro chi dice che il cancelliere è un argine ai falchi euroscettici, Hammond ha ricordato che l’immigrazione di alta qualità è indispensabile per l’economia britannica. “Dobbiamo stare attenti a mantenere le condizioni che hanno portato vivacità nel paese – ha detto – Inclusa la capacità di attirare i più brillanti a lavorare qui nelle nostre industrie ad alta tecnologia”. Secondo alcuni commentatori, questo passaggio dimostra che sulla libera circolazione, che è il tema più discusso e controverso nel governo riguardo alla Brexit, Hammond non è in linea con la May, e che questo avrà ripercussioni importanti.
Le reazioni più decise sono arrivate dai laburisti, i quali sostengono che oggi il cancelliere – l’esecutivo – si appropri delle idee che sono state del Labour, in particolare della vituperata coppia Ed Balls-Ed Miliband, con i corbyniani pronti a intestarsi la battaglia sul fallimento delle idee conservatrici sull’austerità permanente – dovrebbero scusarsi, i Tory, ha detto il cancelliere dello scacchiere ombra John McDonnell. Molti conservatori hanno risposto dicendo che il Labour fa riferimento a princìpi “lunari”, mentre i Tory puntano all’elettorato centrista con un occhio nei confronti dei “dimenticati”, che sono il target del nuovo partito conservatore che vuole costruire la May. Per gli amanti delle etichette, il Times scrive che l’obiettivo elettorale di Theresa sono le “struggling secretaries”, ma ascoltando Hammond pare che le “sofferenze” con la Brexit riguarderanno un po’ tutti.