Perché non c'è stata battaglia all'Onu per la nomina di Guterres
Milano. Sessantasette anni, ex ingegnere, cattolico, vedovo risposato con due figli, grande oratore (lo chiamano “martello pneumatico” per la sua parlantina), una lunga carriera nel Partito socialista portoghese, dieci anni alla testa dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, António Guterres è destinato a diventare il prossimo segretario generale delle Nazioni Unite, il nono uomo a essere scelto per quest’incarico in 71 anni di storia dell’organizzazione. Il suo grande merito, per ora, è quello di aver messo tutti d’accordo al Consiglio di sicurezza, cosa che non sembrava probabile considerato l’alto tasso di litigiosità tra paesi – vedi Stati Uniti e Russia – di questo ultimo periodo. La Francia, che ha sostenuto Guterres fin dall’inizio, assesta un colpetto diplomatico alla Germania, che faceva il tifo per la vicepresidente della Commissione europea Kristalina Georgieva, ma quel che conta è il sollievo che si respirava al Palazzo di vetro ieri dopo che la raccomandazione di Guterres è stata adottata dal Consiglio di sicurezza per acclamazione: almeno su questa nomina non ci siamo scannati.
Le relazioni russo-americane sono al minimo, le immagini satellitari prodotte dalle Nazioni Unite dimostrano che a colpire il convoglio umanitario dell’Onu diretto ad Aleppo il 19 settembre è stato un bombardamento e non un razzo come sostengono i russi, l’Europa deve decidere che fare con le sanzioni alla Russia, tema che divide di continuo l’occidente intero: in questo clima teso, l’assemblea del Consiglio di sicurezza ha sancito una tregua, convogliando i propri voti su una figura che è considerata abile e moderata – “innocua” anche, dice una fonte del Foglio. Secondo gli addetti ai lavori, Cina e Russia stanno lavorando per ottenere posti nella nuova segreteria e in altre agenzie onusiane (Pechino punta alla guida delle operazioni di peacekeeping) e per questo avrebbero deciso di non opporsi a Guterres. Richard Gowan dell’European Council on Foreign Relations ha detto al Guardian: “La grande domanda è se Guterres ha dovuto fare concessioni a Russia e Cina per ottenere la nomina”.
Ex premier portoghese negli anni Novanta, Guterres è un moderato annoverato tra i sostenitori della Terza via di stampo blairiano che modernizzarono la sinistra occidentale: con una serie di privatizzazioni e di politiche di sostegno per il reddito minimo, Guterres garantì un periodo di stabilità ed espansione al Portogallo, culminato con Expo ’98 a Lisbona, un evento che contribuì a dare grande visibilità alla città e al paese. Sotto la sua guida il Portogallo è entrato nella zona euro, ha determinato l’intervento delle Nazioni Unite a Timor est, ex colonia portoghese, e ha bocciato il referendum per la depenalizzazione dell’aborto. Riconfermato premier dopo quattro anni, nel 1999, Guterres iniziò a patire le lotte interne al partito e l’inizio di una contrazione economica e nel 2001, dopo una sconfitta dei socialisti alle elezioni locali, si dimise, lasciando spazio al Partito socialdemocratico di José Manuel Durão Barroso, ma soprattutto lasciando un’ombra sul proprio operato: ancora oggi si dice che Guterres non sappia gestire le decisioni impopolari e che non sia bravo a dire “no”.
Ma al segretario generale dell’Onu non vengono richieste prese di posizione o battaglie valoriali (purtroppo), bensì una grande abilità nella mediazione e su questa Guterres è molto qualificato – dicono che sia un uomo affabile e aperto al dialogo, oltre che poliglotta. Durante le audizioni all’Assemblea generale ad aprile – per la prima volta i candidati alla guida dell’Onu si sono esibiti in pubblico per parlare di sé e della loro idea di mondo – ha detto che il suo motto è “prevenire, prevenire, prevenire”, non si può fare i “peacekeeping” se non si evitano le guerre. In questo preciso istante le sue parole sembrano già in ritardo, come spesso è in ritardo la diplomazia dell’Onu.