Un giornale che funziona è un bell'oggetto da possedere, ci dice Fottorino
Parigi. Per raccontare in poche righe una delle avventure giornalistiche più interessanti degli ultimi anni in Francia, basta lasciar parlare chi quest’avventura l’ha lanciata, nel 2014, dopo un’intera vita trascorsa da battitore libero nelle migliori redazioni di Parigi, con una passione per i grandi racconti che lo ha accompagnato dai suoi esordi a Libération come “pigiste” fino alla direzione del Monde: Eric Fottorino. Con Le 1, fondato assieme all’amico Laurent Greilsamer e alla moglie Natalie Thiriez quattro anno dopo l’addio turbolento al quotidiano dell’establishment parigino in polemica con il trio di finanzieri Bergé-Niel-Pigasse, Fottorino racconta ogni settimana le pieghe di un grande soggetto d’attualità attraverso lo sguardo di scrittori, intellettuali, ricercatori, politologi, filosofi e artisti che si esprimono su un unico foglio di 84 cm, ripiegabile tre volte su se stesso.
(immagine di Youtube)
“Il primo formato – dice Fottorino al Foglio – quando è totalmente piegato (formato A4), invita a un approccio sensibile, emotivo, letterario del soggetto. Dispiegandolo una prima volta (formato tabloid), si accede a un secondo universo: quello dell’analisi, dell’expertise, ma anche della filosofia. Quando lo dispiegate completamente (formato A1), vi invita a un viaggio, a un altrove dove l’immaginazione e la razionalità si riuniscono. Il giornale è stato chiamato così perché la cifra 1 rappresenta l’unità del sapere, che è insieme la conoscenza razionale e la conoscenza sensibile”. Nell’aprile 2014, Le 1 era una scommessa, oggi è un successo editoriale che ha già fatto emuli in Italia, con Origami, settimanale della Stampa, vende più di 30 mila copie e vanta 14 mila abbonati.
“La carta ha chiaramente un futuro – dice Fottorino – ma non senza condizioni. La principale condizione perché la carta continui a vivere è la stampa di giornali di qualità, belli da leggere e da possedere, giornali che corrispondano alle attese dei lettori nella nostra epoca, quella del digitale, dell’accelerazione, degli smartphone e della proliferazione dei media. Le 1 è nato da una constatazione: i giornali cartacei non sono più adatti ai lettori di oggi. E’ una stampa troppo abbondante, che ripete quello che viene detto alla televisione e alla radio: ci sono troppe cose da leggere. Quando ho lasciato il Monde, mi ricordo che i lettori cancellavano l’abbonamento non perché non amavano la linea editoriale, ma perché non avevano il tempo di leggerlo. C’era nei lettori quasi un senso di colpa, una specie di ansia nel vedere la pila di copie non lette per mancanza di tempo accumularsi”, spiega.
“L’idea che ha portato alla creazione di Le 1 è quella di un giornale che si potesse leggere dall’inizio alla fine e che fosse capace di uscire dalla consanguineità giornalistica. Abbiamo voluto aprire lo spirito dei lettori aprendo anzitutto il nostro spirito giornalistico alla visione portata su un soggetto di attualità da scrittori, ricercatori ed esperti di altri settori, dalla fisiologia alla storia, dall’economia all’antropologia. Ugualmente importante, per me e per la mia squadra, è la questione dell’indipendenza, il fatto di non avere pubblicità e di non essere controllati da un grande gruppo editoriale”.
Tra i modelli cui si è ispirato Fottorino c’è il New Yorker per i grandi racconti, l’Economist per l’analisi, e anche il Foglio, per la foliazione agile e la rinuncia alla tentazione generalista, perché “la sfida è porsi la domanda giusta”. “Siamo sensibili alla bella scrittura, ai testi lunghi. Ci piace l’idea di rallentare per riflettere e puntare sulla dimensione grafica: per noi Le 1 non è un giornale, è un oggetto, un oggetto di stampa bello da possedere. Le 1 è un qualcosa che le persone acquistano, leggono e conservano”, spiega l’ex direttore del Monde. “I miei amici mi dicono che nel fine settimana gettano tutti i loro quotidiani, ma conservano Le 1. E’ la conferma che non è un semplice giornale, ma un oggetto. Per noi la dimensione grafica ed estetica è importante tanto quanto quella giornalistica e intellettuale”.