Al vertice Ue Merkel si fa avanti contro la Russia e lancia un ultimatum sulla Siria
Bruxelles. “Ciò che accade a Aleppo con il sostegno russo è assolutamente disumano. Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco che duri di più di qualche ora”, ha detto giovedì Angela Merkel, all’inizio di un Consiglio europeo chiamato a una discussione strategica sulle relazioni con la Russia, chiesta da Matteo Renzi per iniziare a smantellare le sanzioni sull’Ucraina. Contrariamente agli auspici del presidente del Consiglio, l’Ue ha messo in moto le procedure per nuove sanzioni contro Vladimir Putin. Dopo alcune esitazioni, e malgrado le resistenze dei socialdemocratici tedeschi, la cancelliera si è fatta avanti, con la consapevolezza che gli altri spesso la seguono. “Se le attuali atrocità continueranno” ad Aleppo e in Siria, l’Ue intende prendere in considerazione “tutte le opzioni, comprese ulteriori misure restrittive che colpiscano individui e entità che sostengono il regime”, dice la bozza di conclusioni del Vertice. La condanna nei confronti della Russia è esplicita. Nulla è ancora deciso, e con ogni probabilità l’Ue aspetterà il nuovo presidente americano prima di muoversi. Ma quello del Vertice, al momento, è un ultimatum a Putin.
Una congiunzione di interessi politici diversi ha prodotto l’accelerata sulle sanzioni alla Russia, nonostante il tentativo dell’Alto rappresentante Federica Mogherini di frenare, rilanciando le iniziative diplomatiche. Dopo aver visto Putin a Berlino, Merkel si è convinta che “nessun processo politico può emergere”. Il francese François Hollande ha il dente avvelenato per l’umiliazione subita dalla decisione di Putin di annullare una visita a Parigi. La britannica Theresa May ha bisogno di dirottare l’attenzione dal negoziato della Brexit su cui rischia un’umiliazione. “Se May vuole una Brexit dura, il negoziato sarà duro”, ha avvertito Hollande.
Il fronte anti sanzioni formato da Italia, Grecia, Cipro, Ungheria e Slovacchia non è stato aiutato da Putin a perorare la causa russa al Vertice. La lista di contenziosi dell’Ue con Mosca è lunga: stallo in Ucraina, cyber-attacchi, campagne di disinformazione, missili con capacità nucleari a Kalinigrad, incursioni nello spazio aereo. Alcune capitali hanno sollevato la questione del “finanziamento da parte della Russia di partiti politici” populisti e antieuropei, spiega al Foglio una fonte comunitaria. Per il fronte antirusso è stato facile spiegare – come ha fatto la presidente lituana, Dalia Grybauskaite – che il cessate il fuoco stile Putin ha una peculiarità: “Una pistola puntata sulla testa”. Ma nell’era delle “policrisi” dell’Ue – economia, migranti, Brexit – le nuove sanzioni alla Russia servono anche a mascherare la mancanza di unità sul resto.
I leader questa mattina si confronteranno sulla ribellione della piccola Vallonia socialista contro il Ceta. Il governo regionale non vuole dare al governo centrale l’autorizzazione a firmare l’accordo commerciale con il Canada in un summit con il premier Justin Trudeau il 27 ottobre. In gioco c’è la capacità della Commissione di negoziare a nome di tutti i futuri accordi commerciali (compreso il Ttip con gli Stati Uniti) e la credibilità dell’Ue come partner economico globale. “Se l’Europa è incapace di firmare un’intesa commerciale progressista con il Canada, con chi pensa di fare affari nei prossimi anni?”, ha chiesto Trudeau. “Il Ceta potrebbe essere il nostro ultimo accordo di libero scambio”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk.
L’avvertimento di Tusk riguarda anche la Brexit: il futuro accordo con Londra – dentro o fuori il mercato interno – potrebbe diventare ostaggio di una ratifica nazionale o regionale. “Se non possiamo farlo con il Canada, sono sicura che non possiamo farlo nemmeno con Londra”, ha detto la commissaria al Commercio, Cecilia Malmström. Tanto più che May sta facendo un gioco pericoloso sul commercio internazionale: Londra è contraria a rafforzare le difese antidumping dell’Ue non solo perché vuole corteggiare la Cina concedendo lo status di economica di mercato, ma anche per il rischio di diventarne vittima dopo la Brexit.