Caccia a un nuovo elettore francese
Milano. Alain Juppé piace tantissimo, stacca di dieci punti percentuali il suo rivale principale, quel Nicolas Sarkozy che oggi soffre di un incurabile disamore, secondo l’ultima rilevazione Cevipof condotta in collaborazione con il Monde. Al primo turno delle primarie dei Républicains previsto per il 20 novembre, dice il sondaggio, Juppé otterrebbe il 41 per cento dei consensi, contro il 30 dell’ex presidente gollista, mentre al secondo turno, previsto il 27 novembre, l’intenzione di voto tra chi è sicuro di andare a votare è a favore di Juppé in modo quasi brutale: 60 a 40. Soltanto il 39 per cento di chi darebbe il suo appoggio a Juppé però dice di volerlo votare “per adesione a questo candidato”: per tutti gli altri, l’ex ministro ora sindaco di Bordeaux è una “tentazione”, come ha titolato L’Obs, non perché è un buon candidato né perché su alcuni temi importanti per il paese – le riforme, per dire il più rilevante – Juppé supera la distinzione destra-sinistra e diventa un candidato della nazione. Molti elettori di sinistra vogliono partecipare alle primarie di destra per evitare che alle presidenziali del prossimo anno arrivi Nicolas Sarkozy, ormai a tutti gli effetti percepito come un Trump europeo.
Nicholas Vinocour, reporter di Politico Europe, sfrutta il parallelismo e scrive: “Sarkozy gioca la carta Trump e mette in guardia dalle elezioni ‘rubate’”. Di “rubato” ovviamente non c’è niente – gli elettori votano e i voti vengono contati: chi ne ha di più vince – ma l’ex presidente francese fa riferimento ai tanti elettori di sinistra che lo vogliono boicottare. Sempre L’Obs – che sulla questione Juppé è molto eccitato, forse per compensare la delusione di François Hollande, che nella rilevazione Cevipof risulta al punto minimo della sua popolarità, e per minimo s’intende 4-per-cento-minimo – ha segnalato che il 57 per cento degli elettori di sinistra trova legittimo partecipare alle primarie dei Républicains per “faire barrage” a Sarkozy, per boicottarlo e fermarlo prima che diventi il candidato alle presidenziali.
Perché tanta urgenza? Perché, dice al magazine Rosana, dottoranda di 33 anni, “Sarkozy è come Trump”. Anche l’economista-star Thomas Piketty, interpellato sulla questione, dice di “non escludere” la possibilità di andare a votare al secondo turno delle primarie, “se la corsa dovesse essere serrata” tra i due candidati principali, Juppé e Sarkozy, perché i valori della Repubblica sono condivisi da tutti, o dovrebbero esserlo, non sempre la separazione destra-sinistra è utile per animare un dibattito d’idee e ricostruire un paese – e così Piketty dà un assist grandioso e forse inconsapevole al paladino in Francia del superamento del “clivage” destra-sinistra, quell’Emmanuel Macron, ex ministro dell’Economia, che pure non potrebbe essere più distante da Piketty in termini di visione politica.
Le primarie dei Républicains sono state pensate dall’organizzazione del partito come aperte a destra e al centro. Ma secondo lo studio pubblicato dal Monde, gli “infiltrati” sono per il 10 per cento di sinistra e per l’11 per cento del Front national. Un elettore su cinque di quelli previsti per le primarie dei Républicains non appartiene dunque né alla destra né al centro. Ma se gli appartenenti del Fn preferiscono Sarkozy (al 34 per cento, contro il 25 di Juppé, e va forte anche Bruno Le Maire, mentre in generale al terzo posto c’è l’ex primo ministro François Fillon), quelli di sinistra al 70 per cento voterebbero il sindaco di Bordeaux, contro il 4 che sta con l’ex presidente Sarkozy. La logica dell’elettore di sinistra è chiara: non vuole ritrovarsi, in un eventuale secondo turno delle presidenziali della primavera prossima, a dover scegliere tra Sarkozy e Marine Le Pen, leader del Fn. In questa logica sta tutta la disillusione dell’elettorato di sinistra che ha perso la speranza di ritrovarsi un candidato socialista che riunifichi il partito e sia anche vagamente popolare. Per questo, le primarie della destra sono “doppiamente decisive”, spiega il direttore di Cevipof Martial Foucault, perché “influenzano anche le ambizioni presidenziali della sinistra”. Gli “infiltrati” però non sembrano decisivi: Juppé è avanti anche se si elimina la variabile degli elettori di sinistra. Semmai l’interrogativo riguarda gli elettori del centro, che sono a favore di Juppé, e che rappresentano oggi “un elettorato pivot”, scrive Foucault.
In Francia si sta verificando quel che si è già riscontrato in altre parti del mondo occidentale. Da un lato c’è il candidato per così dire “invotabile”, come Donald Trump, che ha generato una fuga – per ora rilevata soltanto dai sondaggi poi si vedrà l’8 novembre – dal Partito repubblicano e una confluenza verso il candidato-sicuro (Hillary Clinton). Dall’altro c’è una convergenza destra-sinistra che rende il cosiddetto voto moderato, o di centro, centrale per l’elezione di nuovi leader. Ma in questo riversarsi al centro permangono molte resistenze, ideologiche e tattiche. Basta considerare il fatto che tra gli elettori di Juppé, il candidato amatissimo anche tra chi non è di destra, non c’è una comunanza sui programmi, non certo su quelli economici che, vista la situazione francese, sono tra i più rilevanti (Juppé ha conquistato copertine e cuori della gauche quando ha detto di essere a favore dei matrimoni gay e anche delle adozioni). Come sintetizza il Monde in un titolo, “gli elettori sono meno liberali dei progetti” politici, il superamento destra-sinistra in nome delle riforme o di un’idea di cambiamento per il proprio paese non è una visione, è ancora soltanto una tattica.