Quelle 35 feluche turche che raggelano le relazioni Merkel-Erdogan
Berlino. Dopo alcuni mesi di turbolenze, il clima delle relazioni bilaterali Germania-Turchia stava lentamente volgendo al sereno. Poi è arrivata la Süddeutsche Zeitung e l’impegnativo lavorio del duo Angela Merkel/Frank-Walter Steinmeier, cancelliera e ministro degli Esteri, per sopire i dissapori con Ankara è parso vanificato: 35 diplomatici turchi hanno chiesto asilo politico alle autorità tedesche. La notizia è stata confermata da un portavoce del ministero dell’Interno a Berlino. Davanti alla brutalità con cui il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e il suo primo ministro, Binali Yildirim, stanno reagendo al fallito putsch dello scorso 15 luglio, neppure i detentori di passaporto diplomatico si sentono al sicuro. Negli ultimi tre mesi 32 mila fra militari, magistrati, poliziotti, funzionari, insegnanti e docenti universitari sono stati incarcerati in Turchia; altri 100 mila sono stati sospesi dal servizio per presunte complicità con i putschisti. Il maglio anti-golpe ha colpito anche i media con decine di testate chiuse d’imperio e altrettanti giornalisti messi agli arresti. La caccia nemici dell’ordine costituito ha quindi spaventato anche 35 azzimati diplomatici turchi che hanno chiesto protezione all’Agenzia federale per profughi e migranti (Bamf), la stessa cui si sono rivolti in un anno 900 mila profughi siriani, afghani e iracheni in fuga dalla guerra.
Il Viminale tedesco non ha confermato se e quanti nel gruppo abbiano prestato servizio in Germania – fra di loro ci sarebbe anche l’ex attaché militare a Berlino – limitandosi a osservare che fra coniugi e bambini dei funzionari “il numero potrebbe anche salire”. Poco cambia per Merkel, messa di fronte a una nuova grave crisi con Erdogan. E dire che la cancelliera ce l’aveva messa tutta per calmare le acque. Per mettersi alle spalle l’emergenza-profughi e recuperare i tanti consensi persi a destra, Merkel aveva scommesso su Ankara. In cambio di aiuti finanziari per 6 miliardi e della promessa dell’abolizione dei visti necessari per viaggiare nell’Ue, i turchi impediscono ai 2,7 milioni di rifugiati siriani di entrare nel Vecchio continente e dovrebbero anche aiutare le autorità greche a riportare in Turchia chi ha attraversato clandestinamente l’Egeo verso l’Europa. L’accordo di rimpatrio, segnala però lo Spiegel, vacilla. “Fra la caccia ai golpisti che ha paralizzato l’apparato statale turco, la guerra al Pkk e l’intervento militare in Siria” in questa fase Ankara ha altre priorità, tant’è che “dal 15 luglio le ispezioni dei guardiacoste turchi si sono diradate”.
Le 35 nuove richieste di asilo sono un’arma a doppio taglio per Merkel. Se il Bamf dovesse accoglierle, certificherebbe quanto molti in Germania pensano ma nessuno al governo osa dire: la Turchia non è più un regime democratico e chi scappa ha ottime ragioni per farlo. Le conseguenze sul piano bilaterale sarebbero inimmaginabili. Basti pensare all’ira con cui Erdogan reagì lo scorso giugno quando con voto unanime il Bundestag equiparò a un genocidio i massacri di armeni un secolo fa. Dopo aver ritirato il proprio ambasciatore in Germania e definito “traditori dal sangue impuro” i deputati tedeschi di origine turca, il sultano vietò le visite della commissione Difesa del Bundestag alla base di Incirilik, dove sono ospitati i militari della Bundeswehr impegnati contro lo Stato islamico in Iraq. Il divieto è stato revocato solo dopo che il governo tedesco ha preso le distanze dalla risoluzione sul genocidio – un voto al quale Merkel e i suoi ministri si erano ben guardati dal partecipare.
A suggellare il disgelo aveva contribuito due settimane fa il rientro a Berlino dell’ambasciatore turco, e l’annuncio dell’imminente visita in Germania della ministra degli Affari sociali, Fatma Betul Kaya. Un sì del Bamf rischia di azzerare tutto e di esporre Germania ed Europa a una nuova emergenza-profughi. Se l’Agenzia federale invece respingerà le richieste di asilo, il governo Merkel sarà sommerso dalle critiche di chi lo vuole asservito a Erdogan. E’ successo di nuovo martedì, quando Berlino ha annullato un concerto dei Dresden Sinfoniker previsto per il 13 novembre al consolato tedesco a Istanbul. In programma c’era “Aghet”, opera che ricorda il genocidio armeno, e fra gli invitati c’era lo stesso Erdogan. Il governo tedesco non è stato coinvolto nella gestione degli inviti e comunque gli spazi del consolato “non saranno disponibili per il concerto”, ha informato un’imbarazzata nota del ministero degli Esteri a Berlino.