La tela internazionale di Merkel sembra scucirsi
L’accordo sul socialista Steinmeier presidente che aveva già definito Trump un predicatore d’odio. Intervista a Jana Puglieri, analista del German Council on Foreign Relations.
Berlino. Frank-Walter Steinmeier “è la persona più giusta” per la Presidenza federale, si tratta di un “uomo del centro politico” e, a fronte delle incertezze globali, sceglierlo è stato “un segnale di stabilità”. Lo ha detto lunedì la cancelliera tedesca, Angela Merkel, aggiungendo di aver informato l’attuale ministro degli Esteri socialdemocratico del sostegno dell'Unione di centro-destra per il suo nuovo ruolo. La Grande coalizione tedesca, dunque, si stringe dietro quello che la cancelliera ha definito “un uomo politico affidabile e sempre orientato a trovare soluzioni e punti di equilibrio”. L’accordo arriva in un momento particolare: alla fine della scorsa settimana sempre Merkel aveva parlato al telefono per la prima volta con il presidente designato americano, Donald Trump, congratulandosi e sottolineando che “Germania e gli Stati Uniti d’America sono strettamente legati da valori comuni”. Eppure ancora in queste ore in Germania la paura di Trump fa novanta e nelle loro apparizioni televisive i principali leader politici non hanno nascosto il loro disappunto per la sua vittoria. “Mentre Angela Merkel e Hillary Clinton si conoscono da tempo, oggi qua nessuno sa veramente che cosa aspettarsi da Trump”.
Analista senior del German Council on Foreign Relations, Jana Puglierin spiega al Foglio i nuovi timori dei tedeschi. A preoccupare in particolare è la posizione del presidente-eletto “in tema di ordine internazionale per come lo intendiamo dalla fine della Seconda guerra mondiale”. La sensazione è che il magnate di New York “non tenga in considerazione le istituzioni internazionali a cui i tedeschi sono molto legati: l’Onu, il Wto, la Nato, fino agli accordi di Parigi sul cambiamento climatico”. Più in generale, dice Puglierin, il timore è che il prossimo inquilino della Casa Bianca “non difenderà princìpi astratti, fra i quali, appunto, c’è il rispetto delle regole su cui si basa l’ordine mondiale”. E questo succede “proprio adesso che queste regole sono minacciate da Russia e Cina. In breve: qua c’è il timore che la Germania abbia perso un alleato”. Dall’inizio del suo terzo governo, la cancelliera ha spinto per impegnare di più la Germania nei teatri di crisi internazionale. Nel farlo Merkel è scesa a patti sia con il tradizionale pacifismo tedesco sia con lo stato oggettivamente poco florido della Bundeswehr, aeronautica in testa.
Se la ministra della Difesa, Ursula von der Leyen, ha potuto inaugurare celermente alcuni asili nido dentro alle caserme per svecchiare l’immagine delle Forze armate, il programma di riarmo procede invece a rilento. Il ruolo di comprimario che la Germania si è ritagliata su scala globale viene dunque messo in crisi dall’ipotizzato neo isolazionismo americano. “Visto da qua Trump appare come un nazionalista e un populista per il quale la sicurezza e la prosperità dell’Europa non sono più priorità e la Germania guarda preoccupata alla fine delle garanzie di sicurezza fornite dalla Nato”. Poi c’è la questione strettamente politica. Puglierin cita Frank Sinatra e il suo “and if I can make it there, I’m gonna make it anywhere”: “Se Trump ce l’ha fatta negli Stati Uniti, patria della democrazia liberale, allora un populista può farcela ovunque, e in Europa ce ne stiamo accorgendo. Dalla Brexit all’Ungheria, passando per la recente ma rapida ascesa di AfD in Germania”.
Al di là di qualche marginale rigurgito neonazista, i tedeschi si erano abituati alla rassicurante egemonia cristiano-democratica sul lato destro dello schieramento. Poi l’uno-due: prima AfD li ha sorpresi sul fronte interno, poi Trump li ha travolti su quello internazionale. Ecco perché la Cancelleria federale ha avuto bisogno di alcune ore per elaborare un messaggio di auguri per il vincitore delle elezioni. “Il ministro degli Esteri Steinmeier lo aveva appena definito ‘un predicatore d’odio’. Né da parte sua Trump ha mai dimostrato alcuna simpatia per Merkel, criticata in passato per i massicci acquisti di gas russo: è difficile sviluppare una relazione diplomatica su questa base”. Che l’America avrebbe richiesto un ruolo più attivo dell’Europa nella propria difesa “ce lo aspettavamo anche da Hillary, ma lei non ha mai ritenuto che la crisi in Ucraina fosse solo un problema europeo né ha mai messo in discussione l’articolo 5 del trattato Nato” sulla mutua autodifesa fra alleati in caso di attacco.
Nella presidenza Trump Puglierin intravede “una minaccia esistenziale alle relazioni transatlantiche”, con conseguente crescita della sfiducia reciproca e l’aumento “dell’antiamericanismo, un sentimento che in Germania è già molto forte”. Il timore più grande per Merkel? “Con Putin la cancelliera ha mantenuto una linea ferma, tenendo a freno le pulsioni filorusse degli alleati socialdemocratici. Se Trump praticherà l’appeasement con il Cremlino, Merkel sarà abbandonata a se stessa sotto la pioggia. Peggio ancora – conclude Puglierin – se invece l’insondabile Trump ci porterà a un’escalation con Mosca. Cosa dovremmo fare, allora, entrare in guerra contro la Russia?”.