Trump è la vendetta del reale contro la bolla degli esperti. Parla Bruckner
Parigi. “Il trionfo di Trump è la vendetta del reale, la vendetta dell’uomo bianco che teme di essere soffocato dalle altre comunità, sommerso dall’ondata demografica degli ispanici e degli asiatici. E’ il fallimento della sinistra che negli ultimi trent’anni ha smesso di pensare in termini di classi sociali, per pensare in termini di identità, di etnie, di minoranze. Ma è anche il fallimento dei sondaggisti, dei giornalisti, dei politologi che imperversano nei salotti televisivi e delle classi politiche di ogni angolo del mondo che non sono state in grado di comprendere il cambiamento epocale che stava avvenendo in America”. Pascal Bruckner, intellettuale e philosophe francese, analizza in un colloquio con il Foglio la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane, a due giorni da un suo intervento sul Monde che ha suscitato accesi dibattiti a Parigi.
“Non capiamo più il mondo in cui viviamo, non siamo più capaci di interpretare i segnali che ci manda: esperti e politologi hanno sbagliato le loro previsioni perché i loro strumenti di analisi e la loro intelligibilità delle cose non sono più adatti alla situazione”, ha scritto Bruckner. L’autore de “Il singhiozzo dell’uomo bianco” – saggio più che mai attuale sulla nuova religione terzomondista che ha sostituito il cristianesimo e sulla cultura dell’odio di sé dominante in occidente – sottolinea che gli elettori di Trump non erano però soltanto bianchi. “La maggioranza degli americani che ha votato il candidato repubblicano era bianca, ma anche il 30 per cento degli ispanici e il 10 per cento degli afroamericani ha dato la sua preferenza a Trump. Hillary Clinton ha contato troppo sulle minoranze, le quali, deluse dalla presidenza Obama, l’hanno abbandonata”, dice al Foglio Bruckner. “A questo si aggiunge il fatto che la candidata democratica non era particolarmente amata, soprattutto dai millennial che avrebbero voluto Bernie Sanders al suo posto. Su di lei, infine, continuava a pesare il ricordo di Monica Lewinsky: un’umiliazione che suo marito, Bill Clinton, le ha inflitto quando era alla Casa Bianca e che gli americani non hanno ancora scordato”, spiega Bruckner.
Pascal Bruckner (foto Wikipedia)
Anche per il filosofo parigino, la vittoria di Donald Trump è un castigo divino contro il regime del politicamente corretto che si è instaurato negli Stati Uniti e altrove, in tutti i settori della società. “Negli ultimi trent’anni, la sinistra ha dilapidato il suo capitale politico parlando una neolingua costituita di eufemismi che consiste nel girare sette volte la lingua in bocca prima di parlare dei neri, degli omosessuali e delle donne”, dice lo scrittore francese. “La sinistra liberal americana, così come la gauche in Francia, ha rinunciato a ‘appeller un chat un chat’, a chiamare le cose con il proprio nome. Si pensi solo al fatto che l’ex presidente americano, Barack Obama, non ha mai pronunciato la formula ‘islam radicale’ dopo gli attentati jihadisti che hanno colpito l’Europa e gli Stati Uniti. E’ assolutamente incredibile”.
In Francia, la più soddisfatta della vittoria del candidato repubblicano è certamente Marine Le Pen, la leader del Front national, che secondo molti osservatori potrebbe beneficiare dell’“effetto Trump” e alle elezioni del 2017 avere molte chance di salire all’Eliseo. Per Pascal Bruckner, tuttavia, “non è così sicuro” che la presidente frontista riesca a sfruttare l’ondata Brexit-Trump per farsi eleggere. Anzitutto perché la Le Pen “sta seguendo un’evoluzione inversa a quella di Trump: con l’arrivo di Florian Philippot (vicepresidente del Fn e primo consigliere, ndr), è diventata molto politicamente corretta”.
Con la vittoria di Trump negli Stati Uniti ci sono ora due grandi modelli che si offrono ai nostri dirigenti, spiega Bruckner: quello del neoeletto presidente americano, che incarna il politicamente scorretto, e quello del presidente canadese, Justin Trudeau, che rappresenta il politicamente corretto positivo. “In Francia, Emmanuel Macron (leader di En Marche!, ndr) potrebbe seguire la scia del primo ministro canadese, potrebbe a tutti gli effetti essere il Justin Trudeau francese”, dice al Foglio Bruckner. “Ha lo charme della gioventù e come Trudeau non vuole far arrabbiare nessuno”, aggiunge. Stiamo entrando in un’epoca “piena di incertezze”, conclude Bruckner, dove “le illusioni del post Guerra fredda sono sparite e c’è la dimensione dell’islam politico, che è oggi la più grande minaccia che pesa sul mondo. Per risvegliare l’Europa ci vuole un’alleanza della gioventù e dell’audacia”.