Tra paura per l'Orso russo e curiosità per il cambio di paradigma, il nord Europa guarda Trump
Scandinavia e paesi baltici sono lasciati esposti dall’isolazionismo del presidente eletto, ma potrebbero godere del completo cambio di strategia. Giochi d’influenza e il nuovo ruolo della Nato
La vittoria di Donald Trump ha fatto emergere timori in tutto l’occidente. Nell’angolo nord-orientale dell’Europa, l’area del Mar Baltico, la paura ha un nome e cognome: Vladimir Putin. L’Orso russo, ora che in America è diventato presidente un candidato che ha speso parole durissime nei confronti della Nato, sembra incombere minaccioso. “La collocazione della Finlandia sulla mappa dipende grandemente dalla volontà americana di agire da garante della sicurezza in Europa. La posta è altissima”, aveva scritto Mika Aaltola, analista dell’Istituto finlandese di affari internazionali alla vigilia del voto. Una preoccupazione condivisa dal retro-ammiraglio svedese Jonas Haggren, secondi cui “la Russia ha dimostrato di essere pronta a modificare le frontiere in Europa, a usare la violenza per conseguire fini politici”. “Trump è un uomo d’affari abituato a fare accordi”, ha detto Andres Kasekamp, accademico estone, all’indomani delle elezioni. “Ma questo è quel che vuole Putin: un leader americano non vincolato ai valori, pronto a condividere le sfere di influenza. Una mentalità molto pericolosa per l’Estonia e per i paesi baltici”.
Negli ultimi mesi l’area baltica è stata teatro di un costante crescendo di tensioni. Sono state lamentate violazioni dello spazio aereo e marittimo di Svezia e Finlandia da parte di mezzi russi, si sono tenute vaste esercitazioni della Nato in Europa dell’est, il dispositivo bellico dell’alleanza è stato rafforzato e Mosca ha risposto mobilitando il proprio esercito, la propria flotta – nell’enclave russa di Kaliningrad pare siano arrivate navi dotate dei micidiali missili a corto raggio Iskander – e riattivando alcune basi in disuso (come quella sulla penisola di Kola, a soli 60 km dal confine finlandese). Anche il governo inglese di Theresa May ha, alla sua prima prova in Parlamento, ribadito la necessità della deterrenza atomica e disposto il rinnovo della flotta di sottomarini nucleari. Un clima teso che sembrava destinato a svilupparsi in uno stallo armato sempre più inquietante. Ora potrebbe cambiare tutto, e le opinioni degli analisti divergono.
“L’escalation non dipendeva da Putin”, afferma Germana Tappero Merlo, senior analyst in antiterrorismo e sicurezza per diversi organismi internazionali. “Il clima da Guerra fredda è funzionale a una parte della Nato: al complesso militare americano che sta dietro all’Alleanza, che nel dispiegamento di missili e armi convenzionali trovava una ragione per continuare a esistere in un mondo in cui le ‘guerre guerreggiate’ sono sempre più improbabili, e alla sua ala baltico-orientale. I paesi Nato di quest’area hanno guadagnato centralità geopolitica grazie allo scontro con la Russia. La scommessa di Trump, anche se dovremo poi vedere chi sceglierà come propri consiglieri in politica estera e di sicurezza, è un approccio diverso su tutto”.
Un possibile accordo con la Russia dovrebbe passare dal riconoscimento della sfera di influenza russa e al massimo da alcune concessioni, probabilmente limitate a Ucraina, Ossezia e Transnistria. Concessioni finora considerate inaccettabili, ma che l’Amministrazione Trump potrebbe far passare per un buon “deal”. I paesi già nell’area Nato e Ue non dovrebbero correre rischi, anche considerata la loro importanza strategica (le repubbliche baltiche impediscono a Mosca un accesso ai mari caldi contiguo al suo territorio). Tuttavia l’utilizzo del condizionale, e le incognite sulla squadra oltre che sulla personalità del presidente eletto, non lasciano dormire sonni tranquilli alle popolazioni che abitano al confine con la Russia.