Pene capitali
La Norvegia ha deciso di liberarsi di un farabutto: ora il Mullah Krekar sarà estradato in Italia
La Corte suprema norvegese ha rigettato ieri il ricorso del famigerato Mullah Krekar contro la decisione di estradarlo in Italia. Ora il ministero della Giustizia norvegese può dar corso alla pratica di estradizione, anche se la difesa di Krekar annuncia ennesimi appelli in sede civile e alla Corte di Strasburgo. Aggiorno qui quello che avevo scritto alla fine dello scorso giugno, quando un tribunale norvegese si era pronunciato in favore dell’estradizione. Mullah Krekar, alias Najmaddin Faraj Ahmad, 60 anni, curdo iracheno, era stato a capo del gruppo terrorista Ansar al islam (Ausiliari dell’islam) fino al 2003, e poi di un gruppo internazionale sospettato di piani terroristici collegati all’Isis, Rawti Shax. Krekar immigrò in Norvegia nel 1991 dal Pakistan, e fece un vasto abuso dell’ospitalità locale per condurre una impudente propaganda jihadista. Ha trascorso dei periodi in galera per l’abitudine a minacciare pubblicamente di morte suoi connazionali “apostati” e cittadini del paese ospite, compresa la signora primo ministro Erna Solberg. Era stato scarcerato l’ultima volta a marzo dopo un appello vinto: la giustizia norvegese aveva accolto la tesi difensiva secondo cui una minaccia di morte, in diretta televisiva, contro un curdo accusato di aver bruciato il Corano, e la fatwa che invitava a eseguirla qualunque buon credente, era semplicemente “la citazione del Corano e della Sharia che prescrivono la morte, e non una sua opinione personale, né una minaccia”.
Dopo la sentenza Krekar aveva annunciato di voler essere risarcito con 200 mila corone per il torto subìto. Eloquenti – in ogni senso – esempi delle sue prediche possono essere seguiti su YouTube. E’ specialmente consigliato il video in cui l’attrice satirica Shabana Rehman solleva in braccio lo scandalizzato bigotto sant’uomo. I ripetuti tentativi norvegesi di espellerlo estradandolo in Iraq sono stati frustrati dalla fondata obiezione che in Iraq si applica la pena di morte. Un anno fa un’indagine dei carabinieri italiani e dell’Eurojust, partita da Merano (e nel frattempo drasticamente ridimensionata) sul reclutamento di miliziani per l’Isis e un piano di sovversione terrorista del Kurdistan iracheno, ha coinvolto Krekar e ne ha fatto chiedere l’estradizione. Che le autorità di Oslo hanno preso come la molto attesa occasione per liberarsi di un farabutto che “costituisce una minaccia per la sicurezza del paese”, del resto ancora imputato in Norvegia. Ieri, per sventare un pericolo di fuga, Krekar è stato messo agli arresti in Norvegia.
Una volta fissata l’estradizione, sarà dunque affare dell’Italia, che processerà il Mullah Krekar, e a sua volta non potrà estradarlo dove sia in vigore la pena di morte e vi sia rischio di tortura. E sarà un affare arduo come pochi. Il Kurdistan iracheno, il Krg, sebbene ufficialmente chieda la consegna di Krekar, accusato di una quantità di omicidi, conta in realtà di esserne sbarazzato. E anche in Kurdistan è tuttora in vigore la pena di morte, pur limitata a pochissimi casi. Frange islamiste curde a loro volta auspicano un ritorno di Krekar, senza alcuna credibilità. Ma proprio ieri a Erbil, la capitale del Kurdistan, Wushyar Ismail, un imam legato al partito dell’Unione islamica del Kurdistan, descritto come “moderato” e molto noto per le sue prediche e per un programma televisivo, è stato assassinato da un gruppo di persone armate davanti alla sua casa.