Chi è Steven Mnuchin, il segretario del Tesoro di Trump
Dalla carriera in Goldman Sachs alla gestione di un fondo di George Soros. Perché The Donald ha scelto un esemplare di “uomo di Davos” per condurre forse il più importante dipartimento nell’amministrazione
L’ironia suprema nella scelta di Steven Mnuchin come segretario del Tesoro non è il suo perfetto curriculum da discepolo di Goldman Sachs, quanto il suo ruolo nella gestione di un fondo di George Soros, che agli occhi antiglobalisti dell’elettore di Trump è il principe delle tenebre. Il campione del nazionalismo tutto economia reale e poca finanza immateriale ha scelto un esemplare di “uomo di Davos” per condurre forse il più importante dipartimento nell’amministrazione, e la campagna contro i legami a doppia mandata fra Hillary e Wall Street è un ricordo lontanissimo.
Il 53 enne che per sei mesi è stato il principale consigliere economico del presidente eletto è un figlio d’arte, nel senso che il padre è arrivato a Goldman nel 1957 e ci è uscito soltanto per aprire una galleria d’arte nell’Upper East Side e coltivare con altri mezzi le relazioni instaurate. Il figlio ha diretto il dipartimento tecnologico della banca d’affari, è diventato partner e poi è andato a fare investimenti a Hollywood, altro luogo lontanissimo dalla sensibilità del popolo di Trump. Ma la contraddizione se c’è non si vede – è una regola dell’operare di Trump – e poi il pedigree è in linea con quello di un Robert Rubin e un Hank Paulson, segretari del Tesoro di opposte sponde politiche ma entrambi venuti da Goldman Sachs e non accidentalmente legati ai Clinton. Paulson si è pubblicamente schierato a favore di Hillary durante la campagna. Lloyd Blankfein, ceo di Goldman Sachs, ha definito Mnuchin uno “smart, smart guy”. Talmente smart che ha saputo capitalizzare in modo perfetto gli ultimi sei mesi di lavoro.
l'editoriale dell'elefantino
C'è speranza in America se anche i conservatori vanno contro Trump
tra debito e crescita