Le elezioni presidenziali in Austria (si vota domenica) e i toni da bar dei due candidati
Parità nei sondaggi tra l’ex leader dei verdi Van der Bellen e Hofer del Partito della Libertà (Fpö). Si ripete il turno di undici mesi fa, invalidato dalla Corte
“Per il risultato definitivo si dovrà aspettare fino a lunedì pomeriggio. Perché lo spoglio delle schede inviate per corrispondenza non comincerà prima di lunedì mattina”. Gli austriaci dovranno armarsi di pazienza, spiega al Foglio una portavoce del ministero degli Interni a Vienna. Iniziata undici mesi fa, la campagna elettorale per la scelta del nuovo presidente della Repubblica finisce domenica con il voto. Con tutta probabilità il conteggio domenica sera delle schede depositate nelle urne non basterà però a indicare chi fra l’ex leader dei verdi, l’economista 72enne Alexander van der Bellen, e il 45enne Norbert Hofer del Partito della Libertà (Fpö) avrà vinto. Tutti i sondaggi da settembre a oggi indicano una parità spietata fra i due concorrenti, confermando in sostanza l’indicazione uscita dalla urne lo scorso maggio, quando il primo aveva vinto per pochissime migliaia di voti sul secondo. Perché il ballottaggio di domenica non è il secondo turno ma la ripetizione dello stesso, invalidato e annullato a luglio dalla Corte costituzionale dopo il ricorso presentato dall’Fpö. In Austria (8,7 milioni di abitanti e 6,4 di elettori) il ricorso al voto per corrispondenza è una pratica molto diffusa e il partito di Hofer aveva riscontrato numerose irregolarità proprio nello spoglio delle schede inviate per posta.
La ripetizione del ballottaggio ha dunque allungato la campagna elettorale di altri sette mesi, con il conseguente inasprimento dei toni fra i campioni dei due schieramenti. “Bugiardo”, “Spia”. “Signori vi prego di moderare i toni”. Questi solo alcuni dei passaggi dell’ultimo confronto elettorale fra van der Bellen e Hofer in diretta tv davanti a una conduttrice imbarazzata.
Sebbene le competenze del capo dello Stato in Austria siano simili a quelle dell’inquilino del Quirinale – ossia largamente cerimoniali – l’acredine fra i rivali ha raggiunto vette mai arrivate nella Repubblica alpina. Dossier alla mano, il terzo presidente della Camera e uomo di punta dell’Fpö, ha accusato Van der Bellen di aver lavorato in passato come spia al soldo dell’Unione sovietica. “E’ la cosa più sconcertante che abbia mai sentito dire”, ha replicato il candidato ecologista accusando l’altro di aver espresso commenti sessisti durante la campagna elettorale di Donald Trump. Meglio con Trump che con Fidel Castro, ha risposto Hofer in una gara al ribasso in cui ciascuno dei contendenti ha anche dovuto difendere l’onorabilità del proprio padre, accusato dal campo avverso di essere stato un nazista. Van der Bellen ha anche estratto una foto del genitore, guadagnandosi per tutta risposta un “la smetta di voler far compassione, io non ho portato una foto ma mi trovo nella stessa situazione”.
Premesso che la politica europea dell’Austria non sarà impostata dal prossimo inquilino dell’Hofburg, già residenza viennese degli Asburgo, il riferimento all’Ue è stato forse l’unico accenno ai contenuti. Il verde ha accusato il rivale di volere la Oexit, l’uscita del paese dall’Unione europea, l’altro ha negato dicendosi solo contrario ad abolire il principio di unanimità dalle riunioni del Consiglio Ue: “Non siamo gli Stati Uniti d’America”.
Lunedì sera si saprà dunque chi dei due avrà vinto: in ogni caso l’Austria sarà cambiata. A fronte di un predominio pluridecennale sulla vita politica nazionale da parte del centrosinistra (socialdemocratici e popolari uniti in grande coalizione), il verde Van der Bellen ha sbaragliato a sorpresa il fronte progressista affermandosi nettamente al primo turno su ciascuno dei due partiti al punto da provocare una crisi di governo. Hofer da parte sua ha sdoganato una volta per tutte l’Fpö a livello federale, coagulando il 50 per cento dei consensi. Un risultato enorme per un partito considerato controverso sia per il suo passato di contiguità con il nazismo sia per un presente xenofobo e islamofobo. Chiunque vinca, il governo di grande coalizione guidato da Christian Kern, manager di stato prestato ai socialdemocratici, ha i giorni contati.