Ora i liberali ringalluzziti sognano una convergenza Fillon-Macron
L’intellettuale Mathieu Laine ci spiega il risveglio in Francia e cosa unisce (e divide) il candidato dei Républicains e l’outsider
Parigi. “Pubblicare – per la prima volta in francese – i grandi discorsi della Thatcher alla vigilia delle primarie è entusiasmante. Ammiro questa donna, una delle più grandi riformatrici del nostro tempo. Non tutto era perfetto, ma Thatcher ha obiettivamente salvato il suo paese. Abbiamo molto da imparare da lei”. Quando ha pronunciato queste parole, Mathieu Laine, economista, professore a Sciences Po e presidente della società di consulenza strategica Altermind, non sapeva ancora che François Fillon avrebbe stravinto le primarie dei Républicains con un programma “thatcheriano”, liberale sul piano economico e conservatore sulle questioni di società. Ma sentiva che l’aria a Parigi stava cambiando, che la demonizzazione giacobina di tutto quel che è accostato al liberalismo non attecchiva più, e che i francesi, molto più dei loro rappresentanti politici, erano pronti per le riforme liberali. Autore del “Dictionnaire amoureux de la liberté” e della prefazione dei discorsi della “Lady di ferro” tradotti in francese, Laine è uno dei pochi intellettuali liberali in Francia, è editorialista del Point e di Challenges, e oltre a consigliare alcuni pezzi da novanta del Cac40, sussurra all’orecchio di Emmanuel Macron, fondatore di En Marche! e candidato outsider alle presidenziali del 2017. Accanto all’esponente più liberale della gauche francese, con il quale dice di scambiarsi “dai 5 ai 15 sms al giorno”, Laine è vicino anche a François Fillon. “Ho conosciuto Fillon due anni fa tramite un amico in comune. Già allora mi diceva che voleva riconciliare la destra con il liberalismo”, dice al Foglio Laine. “Per la destra Fillon è il miglior candidato in vista delle presidenziali.
A sinistra c’è Macron che ha un’ottima strategia per riorientare la Francia in una direzione liberale, ma anche il primo ministro, Manuel Valls, ora che François Hollande ha annunciato che non si ricandiderà, potrebbe dire la sua. L’eliminazione di Hollande, Nicolas Sarkozy e Alain Juppé dalla corsa per l’Eliseo è un’ottima notizia per la Francia e soprattutto per i liberali”, spiega Laine. Un’alleanza Fillon-Macron sarebbe certamente positiva per il paese, “unire, un giorno, le loro traiettorie, porterebbe dei benefici”, dice Laine al Foglio, “ma attualmente è difficile che si possa concretizzare”. “Il fatto più interessante per il dibattito politico francese è che ci sarà un confronto tra due approcci della libertà. Quando si è liberali, in Francia, si è orfani politicamente. Ma le cose stanno cambiando: da una parte c’è Fillon, che ha un approccio liberale in economia, ma un po’ meno sulle questioni di società, dall’altra Macron che è liberale sia sul piano economico sia sui temi di società”, spiega Laine.
E ancora: “Quando Macron dice che ‘la Francia è un progetto di emancipazione degli individui’ si avvicina molto alla dimensione thatcheriana. Lo stesso fa Fillon quando dichiara, riprendendo le parole della Thatcher, che ‘la migliore protezione sociale è il lavoro’. La differenza tra Macron e Fillon è che quest’ultimo non ha un progetto di società che fa sognare. Macron, invece, ha un approccio più intellettuale e letterario, cerca di ripensare la società, rompere il blocchi che immobilizzano il modello sociale francese e allo stesso tempo lavora per reinventarlo, affinché ogni individuo abbia la propria opportunità. E’ per questo che ha chiamato il suo libro-programma Révolution”. Per l’economista che nel 2012 ottenne il prix de l’Académie des Sciences Morales et Politiques, “la Francia ha bisogno di un ‘choc liberale’, perché contrariamente a molti altri paesi non lo ha mai avuto. I risultati catastrofici che abbiamo sotto gli occhi sono l’emblema del fallimento di anni di interventismo di sinistra e di destra. C’è bisogno di un’alternativa forte, radicale, profonda, capace di far fronte a degli scioperi importanti e ridurre il peso del welfare state, a beneficio di uno stato sovrano, più forte e solido in materia di sicurezza”.
I conservatori inglesi