“I terroristi mi dissero: ‘L'America offrirà il suo collo al macello'”
Il libro-choc di Mitchell, lo psicologo che ha “torturato” i jihadisti. Racconta gli interrogatori, ne rivendica l’efficacia e spiega cosa ha imparato nelle sessioni trascorse con i terroristi più spietati della terra
Il nome di James Elmer Mitchell ricorre diverse volte nel rapporto del Senato sulle “torture della Cia” che ha messo sotto accusa i programmi di interrogatorio dei terroristi. Mitchell ha iniziato a lavorare con l’agenzia nel dicembre 2001. Era psicologo di stanza al “Sere”, la scuola militare che insegna alle truppe americane a resistere ai trattamenti brutali. Dopo l’attacco alle Torri gemelle, la Cia chiese a Mitchell di applicare quelle tecniche ai jihadisti catturati (tecniche proibite da Obama nel 2009 e che Trump potrebbe cercare di ripristinare). A Mitchell venne ordinato di prendere direttamente parte al waterboarding, la simulazione dell’annegamento. Fu Mitchell a disporre che Abu Zubaydah, il numero tre di al Qaida, venisse sottoposto alla privazione del sonno.
Alcuni giorni fa, due ex detenuti di Guantanamo, un libico e un tanzaniano, hanno fatto causa a Mitchell. Da Human Rights Watch al New York Times, da più parti sono arrivate richieste di processarlo (Mitchell e gli altri coinvolti negli interrogatori sono protetti da un executive order della Casa Bianca). L’ex psicologo della Cia ha risposto con un libro-choc uscito questa settimana, “Enhanced Interrogation” (Crown Forum), in cui racconta gli interrogatori, ne rivendica l’efficacia e spiega cosa ha imparato nelle sessioni trascorse con i terroristi più spietati della terra, come Khalid Sheikh Mohammed, l’architetto dell’attacco dell’11/9 che Mitchell sottopose a waterboarding. “Sebbene fossero sgradevoli, quelle tecniche hanno protetto i detenuti da altre più severe e che la Cia aveva già deciso di usare”, scrive Mitchell. Parla di Khalid Sheikh Mohammed (Ksm): “Ksm si lanciò in una descrizione cruenta e dettagliata su come aveva decapitato il giornalista del Wall Street Journal, Daniel Pearl”, rivela Mitchell.
Fino a quel momento, la Cia non sapeva che Ksm aveva personalmente tagliato la testa a Pearl. Alla domanda se fosse stato “difficile”, Ksm rispose: “Oh no, nessun problema, avevo coltelli affilati. Come la macellazione delle pecore”. Scrive Mitchell: “Durante la rievocazione, Ksm sorrise alle telecamere e disse: ‘Ho tagliato la gola di Daniel con queste mani benedette’”. Per Mitchell era ogni giorno così nelle prigioni della Cia. “Ho guardato negli occhi delle peggiori persone sul pianeta”, scrive Mitchell. “Mi sono seduto con loro e ho sentito la passione mentre descrivevano il sacro dovere di distruggere il nostro modo di vivere”.
La parte più avvincente del libro è quella in cui Ksm rivela a Mitchell cosa spinse al Qaida ad attaccare l’America. Furono le bombe del 1983 alle caserme dei marines a Beirut, quando, Ksm disse a Mitchell, “gli Stati Uniti fuggirono con la coda fra le gambe”. Se gli islamisti non sono stati in grado di attaccare nuovamente dopo l’11 settembre, disse Ksm, “è per la ferocia della risposta di George W. Bush”. Ma Ksm si lanciò in un’altra profezia. Alla fine, disse il jihadista a Mitchell, “vinceremo perché gli americani non si rendono conto: non abbiamo bisogno di sconfiggervi militarmente; ci basta lottare per il tempo sufficiente a farvi smettere di combattere. Alla fine l’America ci offrirà il suo collo al macello”. In un articolo apparso ieri sul Wall Street Journal, Mitchell ha rivendicato l’efficacia del waterboarding: “L’ho fatto su tre terroristi e su due avvocati del governo che cercavano di decidere se la pratica fosse ‘tortura’. Hanno determinato che non lo era. Mi sono sottoposto anche io al waterboarding”. Nessuna compiacenza. Salvammo vite umane. Tante. Senza quelle tecniche, conclude Mitchell, ci sarà un altro Ground zero. “Saliremo su un piano morale così alto che guarderemo verso il basso, un buco di fumo dove sorgevano numerosi blocchi di una città”.
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