Bob Gates

Bob Gates, il consigliere paradossale di Trump

Chi è l'ex segretario della Difesa stimato in modo bipartisan che ha servito sotto Bush, è stato confermato da Obama e ha suggerito al neo presidente il nome di Tillerson

 

New York. La scelta di Rex Tillerson come segretario di stato è arrivata al termine di un mese di ricerche forsennate, un processo di selezione dove teste sono saltate per poi essere riattaccate e dove short list che sembravano blindate si sono poi magicamente allargate. All’inizio doveva essere un affare fra i lealisti Rudy Giuliani e Newt Gingrich e il nevertrumpista addomesticato Mitt Romney. Poi il cerchio s’è allargato, ma il presidente eletto non era comunque soddisfatto della rosa dei nomi usciti dal frullatore della Trump Tower. A mettere chiarezza è stato Robert Gates, ex segretario della Difesa stimato in modo bipartisan che ha servito sotto George W. Bush ed è stato confermato da Barack Obama.

 

Quando Trump iniziava a spazientirsi nella vana ricerca di un candidato ideale per guidare la diplomazia americana, Gates è entrato nel suo ufficio e ha suggerito un nome che il presidente eletto non aveva mai considerato: Tillerson. Gates stava facendo il suo lavoro. La Exxon Mobile che Tillerson guida è uno dei clienti più importanti dello studio di consulenze che Gates dirige assieme a Condoleezza Rice e Stephen Hadley, un’agenzia che raccoglie ex funzionari ed esperti di sicurezza nazionale di tendenza repubblicana ma che hanno la particolarità di essere stimati anche a sinistra. Trump non conosceva Tillerson, ma Gates è stato abile nel solleticare gli istinti dell’artista del deal, che ha visto nel profilo di un mega petroliere la possibilità di proiettare la filosofia trumpiana sullo scenario internazionale. Gli strettissimi legami di Tillerson con Putin non potevano essere che un incentivo per chi mette la ricostruzione dei rapporti con Mosca in cima alle priorità geopolitiche. Gli incontri con Tillerson hanno confermato le premesse.

 

Il paradosso, l’ennesimo di questa transizione, è che a suggerire una delle nomine cruciali è un politico che ha definito Trump “beyond repair” sulla politica estera, uno che non soltanto è “cocciutamente disinformato sul mondo e su come condurre un governo”, dunque “inadeguato per il ruolo di commander in chief”, ma si rifiuta anche di ascoltare il consiglio degli esperti. “Tutti i presidenti con cui ho lavorato avevano personalità forti e chiare visioni del mondo. Ma tutti si erano circondati di consiglieri preparati, esperti ed indipendenti che dicevano al presidente quello che pensavano, non quello che lui voleva sentirsi dire”, ha scritto Gates a settembre sul Wall Street Journal, implicitamente affermando che Trump non aveva l’apertura mentale necessaria per circondarsi di consiglieri indipendenti. Un commento denso d’ironia alla luce della scelta di Tillerson. C’è un secondo aspetto nel paradossale coinvolgimento di Gates.

 

L’ex segretario è una delle voci più critiche sulla Russia. Ha dipinto Putin come un residuo dell’Unione sovietica mosso dal rancore per la vittoria dell’occidente, ha condannato la demilitarizzazione dell’Europa, “una benedizione per il Ventesimo secolo diventata un ostacolo per il raggiungimento di una reale sicurezza nel Ventunesimo”. Nella visione di Gates gli appetiti incontrollati dell’orso russo sono uno dei cardini della destabilizzazione globale. Questo senza contare le critiche all’autoritaria Russia per le violazioni dei diritti umani, la soppressione dell’opposizione, la corruzione diffusa: “Le espressioni di ammirazione di Trump per Putin e il suo regime autoritario sono sciocche e irresponsabili”, ha scritto Gates pochi mesi prima di suggerire a Trump come segretario di stato l’americano che ha le più strette e amichevoli relazioni con Putin dopo Kissinger. 

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